In una Novara resa deserta dalla pioggia torrenziale (le case sembravano blindate dietro le finestre asserragliate), Sandro Lombardi in assoluta semplicità ha saputo far sobbalzare una settantina di cuori. Sotto le volte di San Gaudenzio, avendo alla sua destra Morazzone e a sinistra Tanzio, ha letto un’antologia testoriana. I cuori sono sobbalzati soprattutto nel finale quando, arrivando alle pagine dell’introduzione alla mostra del 1973 a Palazzo Reale, Lombardi è planato sul cielo della grande Battaglia di Sennacherib di Tanzio da Varallo. Ascoltavi le parole e guardavi quel cielo gonfiarsi…
«Ma, per favore, di che cielo si tratta mai?
Lo guardi il paziente il lettore: cumuli di fango, ferro, acciaio, fuliggine e catrame… Neanche la Biblica città si fosse trasformata di colpo nel raduno di tutti i Sesti San Giovanni e di tutte le Bovise dell’universo mondo! (…)
Dunque: quel cielo; anzi, quella cappa; quel rovente catrame; quella Cinisello seicentesca (ma senza Balsamo alcuno); quella secentesca acciaieria: Falck, Krupp… Un mostruoso “passato”, o precipitato, di veleni, di acidi e di gas. La zona d’allarme della segnaletica antiinquinamento abbondantemente e tragicamente sorpassata: anno 1629. Si stava così bene fin d’allora o è il riconoscimento che dobbiamo gioco forza fare su come sappiamo andar avanti i poeti quando lavorano coi tendini scoperti, con le carni, i cuori e i cervelli inviperiti e sanguinanti?»