In questi giorni bazzicando qua e là per il Salone del mobile, mi sono seduto su una sdraio larga e ospitale disegnata da Vico Magistretti (foto sotto), sull’agile Superleggera di Gio Ponti, su una seggiola anche lei leggerissima di Chiavari che un gruppo di ragazzi appassionati ha deciso di rilanciare ( foto sopra; andate a vederla anche sul sito www.segnoitaliano.it). Poi ho rivisto il Veliero di Franco Albini, rimesso in catalogo da Cassina (foto sotto). L’ho rivisto collocato in un contesto simil casa, restare aereo e sospeso, seppur carico di libri. Cose geniali, che non temono di esser anche cose da poco. Cose semplici e leggere, che mettono di buon umore. A Venezia il 20 riaprono il negozio Olivetti disegnato da Scarpa restaurato: leggendo l’articolo di Fulvio Irace che lo annuncio, scopro che ha una dimensione di 20 metri di profondità per solo 5 di larghezza. Dalle foto me ne ero fatto idea di uno spazio fluido e senza ristrettezze: magie di Scarpa. È vero, è un pezzo di magnifica archeologia, visto che la realtà produttiva che aveva fatto essere quel gioiello è stata spazzata via. Ma è pur sempre un altro sintomo di un’Italia che non vuole perdersi.
Sono spezzoni di un’Italia magnifica, che sapeva trovare risposte alte a questioni banali. Anche Koolhaas ne ha parlato alla biennale per la democrazia di Torino, ha avuto parole di elogio per l’architettura italiana di primo Novecento, facendo coraggiosamente riferimento anche all’architettura della stagione fascista. Ha elogiato l’indistinto tipico di certe aree urbane della prima metà del Novecento, dove tutto era aperto, «anche la possibilità di avventura», in confronto agli spazi urbani superorganizzati di oggi, dove «ogni metro è occupato da un’opera d’arte, ogni percorso è definito, dove niente può più avvenire. Angosciante».