Tre mostre, un paradosso. Fabio Novembre alla Besana è un magnifico involucro praticamente senza sostanza. L’allestimento è la sostanza. Esalta, dopo l’anticamera buia, lo spazio della Rotonda. Il lungo serpentone nero s’avvita tra le colonne e s’arrampica sino alla volta. A Palazzo Reale, per Balla e Canova, i rapporti si rovesciano: allestimenti da fiera di paese, per due rassegne che non mancano di capolavori. Balla è satto sistemato su pareti di truciolato appena rese decoroe da una lucidatura. Soprattutto le pareti hanno un andamento leggermente obliquo come fossero quelle di una nave da crociera. Soffitti ribassati grazie a teli bianchi tirati da un lato all’altro: effetto mare anche qui (allestimento firmato da Daniela Volpi). Per Canova basamenti di simil cartapesta con la pretesa di imitare i fastigi degli ambienti degli zar (persino il bookshop è allestito con grotteschi banconi in stile neoclassico). Gli ambienti delabré e polverosi del povero Palazzo reale milanese decisamente non reggono il gioco. Meglio quando gli ambienti si fanno nudi e lasciano venire a galla il coté cimiteriale di questa scultura (allestimento Roberto Peregalli e Laura Sartori Rimini).
Su Balla si deve tornare. Il movimento diventa arabesco: trova la chiave giusta Maurizio Cecchetti nella recensione (Avvenire). Come gli arabeschi delle rondini che Balla ricama. Le rondini che Novembre fa volare sulle volta della Besana.