Robe da chiodi

Archive for the ‘San Vittore’ tag

San Vittore, il teatro e la libertà

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Emozionante la serata al Piccolo Teatro Studio con gli attori di San Vittore Globe Theater, guidati dalla bravissima Donatella Massimilla (al centro nella foto). Un esercizio felice di libertà, dove si capisce quanto il teatro sia uno spazio concreto e reale e non semplicemente simbolico. Gli autori (Merini, Testori, Shakespeare) sono presenze, compagni veri, che con le loro creature e le loro parole danno corpo a quella libertà. È stata bellissima per questo la dedica che Peter Brook ha voluto fare agli attori, letta durante lo spettacolo:
«Le pressioni della vita creano una società senza libertà. Nelle condizioni dure delle carceri però c’è una possibilità da cogliere. C’è il tempo e lo spazio per le arti, il Teatro e la cultura per animare e nutrire lo spirito. Su tutto la profonda comprensione delle contraddizioni, dell’umanità e dell’opera di William Shakespeare che va oltre tutte le barriere». Peter Brook.

Written by gfrangi

Novembre 23rd, 2014 at 11:05 pm

Appunti di Natale, tra San Vittore e Bellini

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Ieri Messa a San Vittore, celebrava il Cardinale. Davvero emozionante, con il coro (il Coro amatoriale del Reparto Trattamento avanzato La Nave di San Vittore) che cantava a squarciagola i canti di Natale, e i detenuti che venivano aldiqua delle sbarre per prendere la comunione con una semplicità da bambini. Sono le occasioni in cui capisci che se l’arte non sa misurarsi con tutto l’umano che pulsa e incalza lì dentro, è solo inutile e un po’ cinica accademia. In quel posto arriverà la Pietà Rondanini, e non c’è posto più “giusto” per quel capolavoro. Non è solo un piccolo atto di riparazione verso un luogo e un’istituzione che questa presunta civiltà ha abbandonato in modo indegno a se stesso. È anche un richiamo a capire quale sia il senso del fare arte, ma anche il senso del fruirne (questo secondo ci riguarda tutti). Sarà, speriamo, uno dei grandi temi dell’anno che verrà.

Tra i libri ricevuti per Natale, ne spicca uno. È “Giovanni Bellini’s Dudley Madonna” di Antonio Mazzotta. È dedicato a una Madonna dipinta da Bellini intorno al 1508, la cui storia viene tutta ricostruita con un’affascinante dovizia di particolari. Ma il bello di questo libro è l’intelligenza con cui è stato costruito, con una serie di particolari e di confronti emozionanti, enfatizzati dal formato grande che ai libri d’arte certamente giova. La Madonna che in dolcezza fa la gara con il paesaggio dello sfondo, tiene tra le braccia un Bambino eretto, tenero ed energico nello stesso tempo. Ha una posa strana ma non del tutto inedita per Bellini, con la gamba sinistra tesa e quella destra contratta, come se fosse pronto a scattare in piedi. La Madonna con una mano sembra pronta a far da “scalino”al piede, con l’altra, più protettiva, già si prepara a tenere il Bambino comunque stretto a sé. È una dialettica stupenda quella che Bellini sa creare in questa tavola, tra la posa delicatamente fluida della Madonna (con quel movimento a spirale sottolineato da Mazzotta) e quella invece forte tutta rettilinea del Bambino. Sono i particolari, oltre alle parole, a raccontare il quadro: quello di pagina 10, con la mano della Madonna che sfiora il piedino di Gesù; quello di pagina 16, dove un close up ardito e molto efficace conferma la forza del Bambino, che ha una saldezza quasi pierfrancescana; a pagina 72, dove il confronto tra il volto della Madonna Dudley e quella di Detroit (1509) svela il mestiere di Bellini, che nella costanza trova sempre più profondità: stesso taglio delle labbra, stesso punto di luce negli occhi, stesse ombre soffuse, stessa impercettibile inclinazione che comunica una calma dolcezza.

Written by gfrangi

Dicembre 25th, 2012 at 10:30 pm

La Rondanini a San Vittore. Risposta a Bertelli

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(Queste mie righe sono state pubblicate sul Corriere del 23 dicembre)

Spiace che un personaggio autorevole come Carlo Bertelli non abbia capito l’importanza della scelta di portare la Pietà Rondanini a San Vittore. Bertelli giustamente vede nella Pietà un’opera simbolo, come lo sono la Primavera del Botticelli per gli Uffizi e la Gioconda per il Louvre, ma tralascia una differenza sostanziale: mentre quelle due opere citate attraggono e sono viste ogni anno da milioni di visitatori, la Pietà è un capolavoro dimenticato: quanti milanesi l’hanno vista? Quanti sanno dov’è? Questo accade anche per una scelta espositiva di grande eleganza ma molto escludente, che ha isolato la Pietà in un angolo del percorso espositivo del Castello invece di farne un perno, anche in funzione di richiamo. Portare la Pietà a San Vittore quindi serve a riaccendere i riflettori dell’attenzione e della coscienza collettiva su questo capolavoro, mettendola in connessione con un altro luogo ferito e dimenticato della città. È vero, la Primavera e la Gioconda non verrebbero mai mosse dalle loro sedi espositive. Ma anche la Pietà non viene portata via da Milano: e lo spostamento è funzionale a restituirla alla città in senso finalmente pieno. Quanto ai rischi, proprio in queste settimane abbiamo visto un’altra opera di Michelangelo, il Davide Apollo del Bargello, volare Oltreoceano senza che nessuno abbia protestato. E lo stesso Louvre in un anno ha «prestato» due capolavori di Leonardo: la delicatissima tavola con la Vergine delle Rocce per la grande mostra londinese e, proprio in queste settimane, la Vergine con Sant’Anna, altra tavola reduce da un complicato restauro, in occasione dell’apertura della nuova dependance del grande museo a Lens, nel Nord della Francia.Quanto al tema della ricezione da parte dei detenuti che affollano le celle di San Vittore, credo che la risposta migliore sia venuta dalle lettere pubblicate proprio dal Corriere qualche giorno fa: dimostrano una consapevolezza sul valore della Pietà e sul suo senso che spesso manca a critici e intellettuali. Per quanto riguarda i tanti musulmani detenuti, è bene ricordare che la figura di Maria e di Gesù sono presenti nel Corano e che per la figura di Maria l’Islam nutre rispetto e anche venerazione: è l’unica donna a cui viene dato l’appellativo di «Siddiqah», colei che è sempre veritiera. Quindi la Pietà nel cuore di San Vittore può diventare anche un vero punto di dialogo, di incontro.

Written by gfrangi

Dicembre 24th, 2012 at 1:40 pm

Pietà Rondanini, quelle voci da dentro

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Non voglio aggiungere molte parole a questi testi. Sono presi dal Corriere della Sera di ieri. Sono voci di detenuti che commentano la decisione di portare la Pietà Rondanini nel carcere dove stanno rinchiusi: San Vittore. Mi preme solo sottolineare il valore di un servizio giornalistico che vuole intelligentemente rispndere a chi aveva detto che a San Vittore la Pietà non sarebbe stata vista da “nessuno”. Il Corriere ha dato la parola ad alcuni di questi “nessuno”.

Come l’abbraccio di mia madre. «L’arrivo della Pietà Rondanini a San Vittore mi evoca tante emozioni. Ho ben presente l’immagine: Maria che tiene tra le sue braccia Gesù morto. Non posso non associarla al pensiero di mia madre che fin da piccolo mi ha sostenuto sempre, senza lasciarmi mai solo neppure nei momenti più difficili e cupi. Per quanto drammatica è un’immagine che racchiude un’immensa dolcezza: una madre vicina al figlio nell’ora della fine. Penso che nessuna espressione di pietà arrivi a questa. Vorrei ringraziare chi, con l’idea di portare Michelangelo qui, ha dimostrato per noi una pietà analoga pur non essendo noi figli suoi».
Davide

Quale posto migliore. «Pietà: sentimento di compassione suscitato da dolori altrui, misericordia, avere pietà di qualcuno, provare pietà o invocarla, far pietà, ma anche atteggiamento di devozione, culto, pratiche di pietà, la Pietà di Michelangelo, la «Rondanini». Ecco, Maria che sorregge Cristo morto che le scivola tra le braccia rievoca tutto ciò. E allora quale posto migliore di San Vittore perché un uomo si chieda cosa sia, la pietà, e quanto di questo sentimento possiamo provare o suscitare nella vita, al cospetto nostro e degli altri. Pietà che trasuda dal marmo gelido di una statua: non possiamo che fermarci e riflettere. Grazie».
Nando


Maria piange per tutti noi.
«Questo è il ventiseiesimo Natale che non passo con mio padre, mancato quando ero piccolo, e il quinto senza la mia bambina. Personalmente non ho mai avuto modo di vedere la Pietà Rondanini prima d’ora. Ma già le foto che ho visto mi hanno detto molto: è il pianto della Madonna per suo figlio morto, e la mia fede (perché sono credente, nonostante tutti i miei errori) mi fa pensare che quella madre pianga anche per noi. Sarà collocata nella rotonda centrale di San Vittore, dove ogni domenica viene celebrata la messa, e penso che renderà il luogo un po’ più sacro».
Fabio

Il fuori e il dentro. «La ristrutturazione del Castello Sforzesco ci darà il privilegio di avere qui a San Vittore, per un po’, la Pietà di Michelangelo. Un’idea bella soprattutto perché unita alla possibilità, per chi vuole, di venire a vederla qui in carcere: sono rari i contatti tra questi due mondi, il «fuori» e il «dentro», e perciò tanto più preziosa è questa occasione. In realtà «tra» detenuti non è così strana, la pietà. Succede, per esempio, quando arriva un «nuovo giunto» e si cerca di accoglierlo ascoltando la sua storia davanti a un caffè-e-sigaretta. Il giorno saranno i volontari, psicologi, assistenti sociali, a impegnarsi per andargli incontro: estranei che si aiutano, spesso, più che vecchi amici. Dovremmo tutti ricordarcelo anche fuori».
Peter


Promemoria di Pietà.
«Un’opera di Michelangelo nella rotonda di San Vittore: non so cosa ne pensino fuori, ma credo che niente sia casuale. La Pietà ci parla di Gesù, crocifisso tra due malfattori come noi: lui, inchiodato e non legato, ebbe la fine più atroce. È ovvio, nessuno di noi può paragonarsi a Gesù. Intanto però la «pietà» arriverà a San Vittore sotto forma di opera d’arte. È un inizio e un’occasione doppia. Per chi verrà da fuori ad ammirarla: perché oltre alla statua vedrà, forse per la prima volta, anche un carcere. E per noi che in carcere ci stiamo: promemoria di pietà per noi stessi e per le vittime dei nostri reati».
Lenny

Written by gfrangi

Dicembre 13th, 2012 at 11:48 pm

Immaginate, la Pietà Rondanini a San Vittore

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Il carcere di San Vittore visto dall’altro. La Pietà Rondanini verrebbe messa proprio al centro, nel Panopticon da cui si dipartono i raggi.

Quando sabato ho letto su Repubblica del progetto di portare per qualche mese la Pietà Rondanini a San Vittore mi sono detto che non ci poteva essere, in questo momento, un’idea più bella per Milano. La Pietà messa al centro panopticon da cui si partono i sei raggi e dove ogni domenica si dice la Messa, è un gesto dove la dimensione umana e quella artistica arrivano a coincidere. Non c’è bisogno di spiegare un granché: ma è un’operazione in cui vedo un doppio disvelamento. Innanzitutto il disvelamento della condizione disumana in cui oggi sono stipati mille e passa detenuti a San Vittore, cioè in un carcere che è nel cuore della città. Dall’altra il disvelamento di uno dei più grandi capolavori della storia della scultura, che oggi se ne sta infossato e dimenticato dietro quel malaugurato muro, al Castello Sforzesco.
Non voglio aggiungere altro, perché sarebbe solo retorica: ma ipotizzare la Pietà con quella Madonna inarcata a reggere il corpo del figlio in quel preciso luogo, incrocio di migliaia di storie di passione, mi sembra un’immagine di una potenza e di una commozione che ha pochissimi paragoni. Mi auguro davvero che Milano sia determinata e appassionata nel sostenere questo progetto.

Written by gfrangi

Ottobre 29th, 2012 at 2:29 pm

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