Ieri Messa a San Vittore, celebrava il Cardinale. Davvero emozionante, con il coro (il Coro amatoriale del Reparto Trattamento avanzato La Nave di San Vittore) che cantava a squarciagola i canti di Natale, e i detenuti che venivano aldiqua delle sbarre per prendere la comunione con una semplicità da bambini. Sono le occasioni in cui capisci che se l’arte non sa misurarsi con tutto l’umano che pulsa e incalza lì dentro, è solo inutile e un po’ cinica accademia. In quel posto arriverà la Pietà Rondanini, e non c’è posto più “giusto” per quel capolavoro. Non è solo un piccolo atto di riparazione verso un luogo e un’istituzione che questa presunta civiltà ha abbandonato in modo indegno a se stesso. È anche un richiamo a capire quale sia il senso del fare arte, ma anche il senso del fruirne (questo secondo ci riguarda tutti). Sarà, speriamo, uno dei grandi temi dell’anno che verrà.
Tra i libri ricevuti per Natale, ne spicca uno. È “Giovanni Bellini’s Dudley Madonna” di Antonio Mazzotta. È dedicato a una Madonna dipinta da Bellini intorno al 1508, la cui storia viene tutta ricostruita con un’affascinante dovizia di particolari. Ma il bello di questo libro è l’intelligenza con cui è stato costruito, con una serie di particolari e di confronti emozionanti, enfatizzati dal formato grande che ai libri d’arte certamente giova. La Madonna che in dolcezza fa la gara con il paesaggio dello sfondo, tiene tra le braccia un Bambino eretto, tenero ed energico nello stesso tempo. Ha una posa strana ma non del tutto inedita per Bellini, con la gamba sinistra tesa e quella destra contratta, come se fosse pronto a scattare in piedi. La Madonna con una mano sembra pronta a far da “scalino”al piede, con l’altra, più protettiva, già si prepara a tenere il Bambino comunque stretto a sé. È una dialettica stupenda quella che Bellini sa creare in questa tavola, tra la posa delicatamente fluida della Madonna (con quel movimento a spirale sottolineato da Mazzotta) e quella invece forte tutta rettilinea del Bambino. Sono i particolari, oltre alle parole, a raccontare il quadro: quello di pagina 10, con la mano della Madonna che sfiora il piedino di Gesù; quello di pagina 16, dove un close up ardito e molto efficace conferma la forza del Bambino, che ha una saldezza quasi pierfrancescana; a pagina 72, dove il confronto tra il volto della Madonna Dudley e quella di Detroit (1509) svela il mestiere di Bellini, che nella costanza trova sempre più profondità: stesso taglio delle labbra, stesso punto di luce negli occhi, stesse ombre soffuse, stessa impercettibile inclinazione che comunica una calma dolcezza.