Reduce da una due giorni tra Arezzo e Città di Castello, tiro queste conclusioni: c’è una continuità ben visibile tra Piero e Burri. La tenda della Madonna del Parto torna tale e quale come movimento nelle lamiere che Burri ha messo in testata al capannone 3 dei Seccatoi del Tabacco. E il senso della terra sereno e inglobante anche il più alto dei cieli è di Piero come di Burri. Questo per dire che sulla rotta Arezzo – Città di Castello si capisce cosa sia l’Italia: la vastità profonda e tersa dei cieli di Piero, il senso di pacificazione profonda tra l’uomo, il luogo e l’eterno che trapassa da Piero a Burri. È una dimensione poetico-umana-intellettuale che non ha paragoni. Longhi ci aveva visto giusto, assegnando a Piero lo snodo decisivo di tutta la cultura figurativa italiana.
Da qui una conclusione molto pragmatica. Mio figlio andrà in viaggio scolastico a Budapest. Frotte di altri studenti stanno partendo per Barcellona, Parigi o Praga. Fosse per me metterei come obbligo che le gite scolastiche liceali abbiano solo mete italiane, e in partiicolare che una volta nei cinque anni facciano rotta su Arezzo e Città di Castello. Una volta che quelle immagini sono entrate nella testa e nella memoria dei ragazzi qualcosa di buono certamente sviluppano (è da secoli che funziona così…)
Infine: non andate ad Arezzo per la mostra di Della Robbia: c’è pochissimo di Luca e tanto, troppo della bottega di mestieranti che ne discendono. Occasione buttata.