Se c’è una cappella del Sacro Monte di Varallo che mi ha sempre colpito e commosso è quella dei Magi, all’interno del complesso della Natività. Ragionando, ho trovato alcune spiegazioni per questa “preferenza”. Innanzitutto è geniale la strategia che Gaudenzio Ferrari segue per farci partecipare all’evento: la disposizione della cappella è laterale e non frontale rispetto al visitatore. Così, entrando nel complesso, ci sorprendiamo a camminare avendo al fianco il corteo dei Magi, che sono alla nostra sinistra, divisi da noi solo dalla lunga grata-balaustra (che forse una volta neppure c’era). Siamo noi parte di quell’avvicinamento guidato dalla stella. Quel senso si essere parte viene favorito dalla festosità dell’insieme di sculture ed affreschi, che sembrano sollevare un’onda che ci avvolge. Del resto quella di Gaudenzio un’arte amorosamente espansiva, un’arte che si allarga e non sta mai in se stessa. È arte che nasce per essere condivisa. Se ne avessimo dubbi, basta aspettare, qualche passo più in là, il vero colpo di scena di Gaudenzio. Infatti, entrati nel cuore del complesso della Natività scopriremo di avere a sinistra il primo dei Magi, che arrivato alla meta si sta togliendo il turbante, e punta lo sguardo verso la grotta con Giuseppe, Maria e il Bambino, che sta alla nostra destra. Noi, insomma, siamo in mezzo al raggio di quello sguardo. Più partecipi di così…
Infine c’è l’immagine davvero memorabile di quel Re che si toglie il turbante, un insieme di dolcezza, di semplicità, di umiltà che non ne inficia la regalità. Per Gaudenzio non esiste un’umanità alta e una popolare, così anche il Re arrivato al cospetto del Bambino ha lo stesso sguardo stupito, semplice e grato del pastore (sembra addirittura di scorgere un occhio umido…). Mi viene così in mente una stupenda osservazione fatta da don Giacomo Tantardini nel corso di una Meditazione natalizia del 2006: i Magi si muovono per un semplice indizio (la stella), lo seguono, ma ad un certo punto ne perdono la traccia. E allora ricorrono allo stratagemma più umano che ci sia: domandano. Domandano dove fosse quel Bambino, domandano persino ad Erode… Naturale che una volta trovata una risposta alla domanda posta, si sia pieni di gratitudine. Forse questa è la ragione per cui quell’immagine del Re che si toglie il turbante è un’immagine che rimane così profondamente impressa nel cuore.