La prima cosa che colpisce di questo quadro sono le dimensioni: 336 cm di base per 206 di altezza. In secondo luogo colpiscono le proporzioni, con quell’orizzontalità così accentuata e così genialmente sfruttata dal giovane Tiziano. Sto parlando della Fuga in Egitto che dopo un lunghissimo restauro da parte dell’Ermitage è di scena a Londra alla National Gallery e che poi sosterrà a Venezia, città per il quale era stata dipinta, su commissione di Andrea Loredan titolare del palazzo che attualmente ospita il Casinò. Sarà a Venezia dal 29 agosto, prima di tornare definitivamente in Russia. Il dipinto studiato da Antonio Mazzotta, un giovane studioso che è curatore della mostra londinese, è un dipinto favoloso. L’aggettivo non riguarda tanto la qualità quanto la capacità di invenzione di Tiziano, che s’immagina una rappresentazione del tutto asimmetrica, in cui le figurine entrano da sinistra con il loro passo affaticato, lasciando la centralità della scena a quell’immenso paesaggio che Tiziano aveva “rovesciato” sulla tela quasi a rivendicare le proprie radici cadorine e “montane”. C’è dappertutto un brulicare di animali, di foglie, di erba, di vento agitato: Giuseppe, Maria e il Bambino guidati dal giovanotto che fa da angelo, transitano senza che nulla di quel brulichio venga sospeso. È questa la bellezza dell’invenzione di Tiziano, che si permette di soprassedere sugli effetti speciali e inserisce quel viaggio nel flusso normalissimo della vita del mondo (come diceva in una bella poesia Auden, le grandi cose che segnano la storia avvengono in momenti che non hanno nulla di particolare: il tran tran non si ferma..). Il transito poi ha un altro effetto, direi quasi filmico: ci aspettiamo i prossimi passi, quasi che invece di esser davanti ad una tela fossimo davanti ad un video. È una tela “incamminata” questa di Tiziano: nel segno del passo di Giuseppe, del passo dell’asinello e di quello del ragazzo angelo. E noi che la guardiamo siamo quasi indotti a seguirla, non solo con lo sguardo ma con i nostri passi.
Poi ci sono i particolari, come il cielo alpino intriso d’acqua, il verde tenero dei prati, l’ordine obbediente degli animali; e quel tenero gesto di Maria che protegge con il volto il bambino addormentato…
ho sempre pensato a Tiziano, con entusiasmo incontenibile, come ad uno che più diventava vecchio e più entrava dentro la densità della materia. Saldo e grave nella dolcezza drammatica dello sfaldamento. La bellezza e il desiderio di invecchiare così.
E ora, vedendo la piccola riproduzione di un grande quadro che non conoscevo nemmeno in riproduzione, rimango stupefatta per la sua meravigliosa (favolosa), densissima, sfolgorante, turgida giovinezza.
paola
24 Giu 12 at 9:21 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Bellissimo! Tiziano che esce dal problema della composizione: riesce a fare un quadro fluido. Incamminato è un termine azzeccato.
Mette i brividi pensare che il termine ultimo di questa tensione all’apertura sia andata poi nel segno dell’ultimo Tiziano. Non so ancora se è una cosa vitale o tremenda…
Beatrice
9 Lug 12 at 6:41 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
[…] la si fa con i piedi a mollo (e moglie sulle spalle…) Su quel Tiziano giovanile avevo già messo giù qualche pensiero, in occasione della mostra di Londra. È un quadro che dà gioia a vederlo. Ma a Venezia l’occhio […]
12 ore a Venezia: Tiziano, Capogrossi e Scarpa at Robe da chiodi
8 Nov 12 at 11:23 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>