La Stampa dà un resoconto di una lectio magistralis del cardinal Ravasi alla facoltà di Architettura di Roma che diventa un po’ un atto di accusa verso troppe chiese costruite come «sale per congressi». Ravasi parla di «opacità, inospitalità, dispersione». (c’era un giudizio stupemndo di Giò Ponti per questo tipo di chiese: “le chiese Pinocchio”). In appoggio due interviste a Botta e Fuksas. Mi colpiva come l’unica preoccupazioone dei due fosse di tipo meditativo-spiritualistico. La Chiesa come luogo che facilita la preghiera. Ma ci si dimentica che la Chiesa è innanzitutto il luogo di una presenza: quella di Cristo nel Tabernacolo. Il resto discende tutto da lì. Invece avete notato che per ragioni (o scuse: la sicurezza) le più varie il tabernacolo dalle chiese moderne quasi scompare, mimetizzato nelle strutture? Davvero chiese Pinocchio… Ci vorrebbe un san Carlo, che quando venne nominato a Milano, sbaraccò il Duomo e impose quel grande ciborio, disegnato da Tibaldi, visibile da ogni parte della Cattedrale.
come per Bronziono-Caravaggio. Per un intellettuale anche molto fine, colto, preparato sensibile, la presenza reale di Cristo nel corpo della Chiesa è incomprensibile. Meditazione e spiritualismo sono attitudine squisitamente, sublimemente umana.
D’altronde (non centra ma ve lo dico) sto osservando con particolare attenzione Freud (Lucien), così carnale. Anche per lui la presenza di Cristo nel corpo è incomprensibile. I suoi cani giacciono abbandonati- sfiniti in un peso di morte.
paola
22 Gen 11 at 3:27 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Ho fatto studi teologici tra cui anche liturgia e storia della Chiesa. Mi è stato insegnato che la chiesa, struttura, è luogo di raduno dell’assemblea, a questo serve innanzitutto la sua architettura: per favorire il culto comunitario. Anzi, le norme liturgie prevedono che NON CI SIA IL TABERNACOLO nella chiesa principale, ma che si faccia una cappella laterale, secondaria, superando almeno architettonicamente la devozione eucaristica che per tanti decenni ha prosperato esageratamente rendendo il tabernacolo quasi il sancta sanctorum delle chiese cristiana come era nel tempio di gerusalemme o nei tempi greci. Per questo nelle chiese moderne non vi trovi il tabernacolo. Esso ritorna al suo ruolo di conserva delle specie eucaristiche per la comunione ai malati e alla adorazione personale. E’ l’altare invece il luogo centrale della chiesa da cui tutto discende, la tavola dello stare insieme e al tempo stesso l’ara sacrificale, unico elemento liturgico che deve essere al centro a differenza dell’ambone e della sede del celebrante che devono essere su altri assi. Scusa se mi sono permesso.
Seguo il tuo blog, studio pittura a Urbino, mi piace molto, lo trovo molto acuto, informato e pieno di cognizione di causa nonchè molto attento a tutti gli eventi artistici degni di attenzione.
CIao, Elvis
Elvis
23 Gen 11 at 1:17 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Ti ringrazio per la precisazione. D’altro parte mi resta la sensazione che in questa “lateralizzazione” del tabernacolo ci sia qualcosa di non giusto. Che ha le sue conseguenze anche al momento della progettazione. Viene meno un centro e così prevale un approccio molto soggettivo dal punto di vista dell’architetto. Quando Ravasi parla di chiese che sembrano centro congressi, mi chiedo se la ragione non sia anche in questo equivoco di fondo. Invece l’architettura cristiana diventa grande quando di misura con l’oggettività di una presenza che fa perno di tutti gli assi. Una presenza che non è un fatto privato o intimo o un fatto pubblico, una presenza per il mondo come tutta la storia della chiesa ci insegna. Sono riflessioni molto personali, ma mi chiedo se non si debba cominicare ad affrontare i problemi che hanno gli architetti davanti alla costruzione di una chiesa, riconsiderando le ragioni o meno di questa “lateralizzazione”.
gfrangi
23 Gen 11 at 12:23 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Bisognerebbe capire come funziona in pratica la nascita di una nuova chiesa, chi sceglie l’architetto e approva il progetto e chi invece è stato escluso e si lamenta del risultato. Da sempre le chiese riflettono anche i cambiamenti culturali e religiosi di una società: alcune ispirano reverenza, altre raccoglimento… Se da anni ormai ci sembrano quasi tutte indistintamente “fredde” e “brutte” forse è segno che la Chiesa ha rinunciato al suo ruolo millenario di committente attento ed esigente, per lasciare tutto in mano agli architetti.
Serena
23 Gen 11 at 5:55 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Il problema delle chiese è terribile e rivelatore al tempo stesso. Il tema dell’arte sacra o più banalmente delle “chiese brutte” mi è molto caro e mi sto dedicando a questo, diciamo che è il mio pallino (il mio sogno è la decorazione delle chiese con cicli di affreschi o giù di lì…) avendo studiato da prete prima e pittura poi, apprezzo i tentativi di Ravasi anche se i problemi sono in profondità ma sarebbe lunga aprire ora il discorso, chissà magari con più calma (un buono spunto potrebbe essere la lezione su youtube tenuta da Sequeri sull'”intelligenza delle cose”). Invece, gfranci, il centro è naturalmente indispensabile -proprio in questi giorni sto studiando la città ideale del Laurana o chi per lui, tavola dipinta conservata proprio a Urbino per un progetto sulla città e la cosa più interessante è vedere come tutto nasca da un centro, un punto centrale, il punto di fuga che coincide esattamente con il centro della porta socchiusa al centro dell’edificio centrale, la porta è infatti luogo per il quale la “presenza” arriva (o esce)… va bè, scusa la digressione ma ci sono proprio immeerso questi giorni. Volevo solo rispondere alla tua osservazione dicendo che UN CENTRO C’E’ nella disposizione liturgica delle chiese (potrei anche trovarti i testi che lo dichiarano se ti interessa) che previene la lateralizzazione e questo centro è assolutamente L’ALTARE. Questa è il punto liturgico d’inizio, il perno, il CENTRO: l’altare, su cui il sacrificio-banchetto si compie e di cui il tabernacolo è la testimonianza, la “registrazione” come la foto di una performance nei confronti del momento e luogo di una performance (scusa il paragone sacro-profano). Se si perde il senso dell’altare si perde tutto e arriviamo al centro congressi; se si enfatizza il tabernacolo d’altro canto si arriva alla cappella privata per la preghiera.
Elvis
25 Gen 11 at 10:38 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Siamo sicuri che il problema stia solamente nel trovare una giusta collocazione al tabernacolo, all’altare, all’ambone e, perché no, ai banchi? Il riferimento ai centro congressi del cardinal Ravasi non può essere visto come una sorta di richiamo alle dinamiche che avvengono in un centro congressi, ai protagonisti o attori coinvolti in un centro congressi? forse che il problema allora stia nel non convogliare troppa attenzione verso il “relatore” che in una chiesa è sacerdote? forse che il problema ruoti attorno a certo protagonismo liturgico? Certamente il minimalismo e la nudità di molte nostre chiese contemporanee convogliano l’attenzione solo sulla figura di quel povero prete che, come povero Cristo, si mostra e ci mostra di riflesso la nostra povertà. Certamente la luce dorata di un tabernacolo, la luce filtrata da aperture nelle pareti, e la luce di forme e soprattutto colori che un tempo arricchivano le chiese, aiutavano molto una certa e lieta distrazione all’occhio e al cuore. Ogni elemento era centro di qualcosa o Qualcuno in un dinamico rapporto, e questa sana distrazione, per certi aspetti anche vertiginosa, salvaguardava da quell’attrazione personalistica che oggi, pericolosamente, in questi spazi monòtoni e monotòni, rischia di esaurirsi in un singolo rapporto univoco tra il “relatore” di turno e l’intimità del nostro io.
Il problema delle chiese è terribile, perché l’arte è terribile, l’uomo è terribile, il mondo è terribile.
Ma tutto è di nuovo redento.
Giovanni Savio
25 Gen 11 at 2:21 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Mi ricordo la sensazione aìricevuta istintivamente da bambino entrandio una chiesa protesnate appena aldilà del confine di Chgiavenna in val Bondasca. Mi è restat dentro l’imporessione di una chiesa vuoa, con quel senso vago di angoscia che un ambiente vuoto ti lascia dengtro. Forse nasce da lì questo bisogno che sentire di aver visibile e affermata la presenza. Il collegamento tra questa mia esperienza e la diffcioltà degli architetti di oggi a trovare un linguaggio consono e contemporaneo per costruire una chiesa viene quasi automatico…
Comuqnmue la posizione della chiesa è chiara, stabilita dal Vaticano II. La riassume (con precisione e con qualche noistalgia) monsignor Mauro Piacenza in qeusta relazione del 2004
http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_commissions/pcchc/documents/rc_com_pcchc_20040731_tabernacolo_it.html
gfrangi
25 Gen 11 at 8:10 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Aggiungo uno stupendo pensiero torvato nel libro di Sandro Benedetti sull’architettura contempoeranea delle cheise (Jaca Book, 2000). È un passaggio del dialogo tra Raniero La Valle e Napoleoni, grande economista marxista. Napoleoni negli ultimi anni aveva vissuto un’apertura verso il cristianesimo, molto libera e molto personale. Nel dialogo Napoleoni ad un certo punto dice: «Io credo che il punto centrale del Cristianesimo sia l’Incarnazione. Questo era il figlio di Dio… che si è rivestito di un corpo e questo corpo non è morto… Un corpo normale, la permanenza di questo corpo tra noi è il fondamento della Chiesa e della comunità dei cristiani…»
gfrangi
30 Gen 11 at 7:30 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
A Elvis.
Me la trovi la norma liturgica che prevede che NON CI SIA IL TABERNACOLO nella chiesa principale, ma che si faccia una cappella laterale, secondaria?
Una norma scritta, però con tanto di riferimento.
Dario
Dario
13 Apr 11 at 5:51 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>