Come si tira De Pisis fuori dal buco?
Un pomeriggio a Parma per vedere la mostra su Filippo De Pisis alla Magnani. Povero De Pisis resta sempre prigioniero di un mondo piccolo, che lo chiude sempre dentro i soliti rapporti e nei soliti perimetri. La mostra di Parma, per quanto non deluda nella scelta delle opere, delude per quella sciatteria che non fa uscire De Pisis dal solito copione. Basti pensare ai pannelli fitti fitti, realizzati con una grafica pedestre (e siamo nella città che sta celebrando Bodoni…) senza neanche la sana ambizione di metterli in inglese. Rivisto dopo tanto tempo invece De Pisis, nella sua irrequietezza, si rivela capace di intuizioni e sollecitazioni che vanno ben oltre il copione. I suoi paesaggi sono proiezioni mentali acuminate come se fossero dipinte con gli spilli; i cieli sono pressati e come schizzati di fango; gli uomini sono mosconi che sbattono da un angolo all’altro della tela senza pace. Ragionavo di come si potrebbe fare una mostra che tiri fuori dal buco De Pisis. Forse metterlo in relazione con i paesaggi di Giacometti. Forse immaginarlo come punto di una transizione che da Manet porta a Cy Twombly.
Annoto due quadri meravigliosi: Piazza san Marco in tempo di guerra, con la basilica che va in polvere e una senzione di un’apocalisse senza squilli di trombe. L’altro è il ritratto di donna della collezione Jesi, degli anni di Villa Fiorita. Povera, disperata, spinta nel basso della tela, un volto, uno sguardo di una densità umana indimenticabile.
Morandi fa blocco
Al piano di sopra della Magnani, esposto con stile un po’ ottocentesco, c’è il gruppo dei Morandi, che lascia di stucco. Più lo rivedi e più capisci come la mai esplicitata solidità concettuale sia alla radice della sua grandezza. Lui inganna con una pittura suprema, ma intanto la vera partita la sta giocando su un altro piano. I suoi quadri fanno sempre blocco, sono forme in cui ciò che viene rappresentato sembra solo incidentale. Più che quadri andrebbero chiamati “fatti pittorici”. Meraviglioso la veduta di via Fondazza, con un terzo di tela, a sinistra, occupato dalla superficie monotona e piatta del muro. Che ci sta a fare quel muro? A ricordarci che la pittura ha natura propria e non ha bisogno di rappresentare o di esprimere alcunché per esistere. Nella sala a fianco, il pur meraviglioso De Staël con veduta sulla Senna, al paragone sembra ancora un quadro dipinto…
Il riposo della Cattedrale
La sera a Parma, in piazza Duomo. Pochissima gente, le luci sembrano quelle di un teatro che non ha bisogno di spettatori: Bisognerebbe vederla e raccontarla quest’Italia delle silenziose meraviglie notturne. Non so com’è, ma la sensazione è che quelle creature di pietra riposino, finalmente. Ed è bellissimo avere il privilegio di vederle riposare.