Sta raccogliendo consensi entusiastici la gigantesca installazione che Christian Boltanski ha realizzato sotto le volte del Grand Palais di Parigi. La materia prima sono i vestiti dismessi: disseminati sul pavimento a comporre quadrati regolari tra i piloni di ferro e poi ammucchiati alla fine del percorso in un’enorme montagna che si alza sotto la cupola del Grand Palais. Lì c’è una gru che continua ad “azzannare” i vestiti e a ributtarli in cima al mucchio. Non ho visto l’installazione che s’inserisce nel ciclo Monumenta. Ma girano tantissime immagini (qui ne vedete di belle) e mi permetto di osare qualche idea. Il titolo che Boltanski ha dato all’opera è volutamente ambivalente: “Personne”, che in francese sta per “persona” e per “nessuno“. Mi sembra che la seconda accezione sia più decisiva per la comprensione dell’opera, che racconta una riduzione a nessuno delle persone. È l’idea di un’umanità depredata, svuotata. Ridotta a straccio. Il freddo che Boltanski ha imposto nel palazzo trasmette (immagino) quella sensazione sulla propria pelle. C’è come un desiderio di castigazione e forse anche di autocastigazione. Ne deduco che quella di Boltanski è arte depressa. Al visitatore non resta che farsi auscultare il cuore alla fine del percorso, per accrescere quell’altra opera strana dell’estroso Boltanski: raccoglie (per conto di una fondazione giapponese) le registrazioni dei battiti dei cuori: è già arrivato a 30mila. Evidentemente siamo all’ultima stazione dell’intimismo. Siamo in un cerchio senza uscite. Scusate, ma godere di starci dentro non è segno di buona salute mentale…
Stracci per stracci molto più interessante il cortocircuito della Venere di Pistoletto. Lui confondeva i registri, abbassava Venere o forse innalzava davvero gli stracci. Comunque creava una novità estetica vera. Lasciava e lascia spiazzati. Io ho sempre pensato che se Venere si vestisse di quegli stracci sarebbe elegantissima. Gli stracci di Boltanski invece ti mettono addosso tristezza e non ti scaldano neppure…