Robe da chiodi

Dario Fo, meglio che tu taccia

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Ha fatto bene il vescovo di Assisi Domenico Sorrentino a impedire a Dario Fo di portare in scena davanti alla Basilica di Assisi il suo spettacolo in cui si prende la briga di demolire l’attribuzione a Giotto degli affreschi della Basilica Superiore, già sostenuta da Bruno Zanardi e da Federico Zeri. “Ofelè fa il to mestè”: Dario Fo è un grande guitto, ma la smetta di fare il crociato delle cause più inverosimili, solo per guadagnare in visibilità e passare da martire. Sugli affreschi di Assisi pochi hanno certezze: ma quelle poche certezze credibili portano tutte al nome di Giotto, come documentato dai libri recenti di due studiosi di primissimo piano, Luciano Bellosi e Serena Romano. Portano prove e ragionamenti serrati, che ora con la allegra fanfaronaggine che lo contraddistingue, Fo vorrebbe azzerare. A gloria sua e a danno di altri.

rebecca2Ps: Serena Romano riferisce a Giotto persino i due capolavori delle Storie di Isacco, nel registro alto della navata. Due riquadri che rappresentano un vero “inizio” dell’arte in Italia. È lo scavo nella “forma mentis” dell’artista che porta la Romano alla certezza. Nelle due Storie di Isacco infatti si trovano, in forma di invenzione, tantissimi elementi che Giotto maturo farà “esplodere” negli affreschi di Padova, più di 10 anni dopo. Sono tanti e davvero affascinanti questi elementi di coincidenza profonda. Uno in particolare: quello del “gesto”. Giotto mette spesso un gesto, emotivamente potente, come perno delle sue composizioni. Nelle due Storie sono le mani, icasticamente isolate sul fondo rosso del tendaggio che chiude la stanza di Isacco. Ed è la stessa  potenza semplice e densa che ritroviamo nella mano di Cristo, che si staglia sul blu del cielo nella scena dell’Ingesso a Gerusalemme a Padova; o è la stessa  efficacia fragile e drammatica del braccio del bimbo, sollevato brutalmente nella Strage degli innocenti.

Sono vere scatole spaziali che contengono intuzioni geniali, come quella di Rebecca che si volge di spalle, come scappasse, vergognandosi dell’inganno perpetrato…

Written by giuseppefrangi

Luglio 3rd, 2009 at 7:06 pm

3 Responses to 'Dario Fo, meglio che tu taccia'

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  1. Nutro un profondo rispetto per il premio nobel Dario Fo, ma quando una cosa non appartiene al tuo “campo” è meglio starne fuori.
    E’ più consigliabile vedere le cose senza esporsi troppo, evitare di dare sentenze.

    Su quali basi Fo nega la presenza della mano di Giotto e del suo maestro, negli affreschi di Assisi?

    Un po’ di occhio non guasterebbe.

    Saluti.

    OTILLAF

    3 Lug 09 at 10:46 pm

  2. É sicuramente risaputo che Dario Fo sia un profondo conoscitore e studioso di storia dell’arte. Questo su Giotto non sarebbe stato il primo spettacolo che avrebbe tenuto su artisti del passato (ricordo quello su Caravaggio, Michelangelo). Bisogna sapere che prima di Dario Fo è stato Bruno Zanardi e Federico Zeri a sostenere che non sia Giotto l’autore del ciclo francescano, ma soprattutto Zanardi che sulla base di uno studio sulla materia degli affreschi e del confronto di questi con quelli di S.Cecilia in Trastevere di Cavallini, ci porta alla conclusione che l’autore sia lo stesso, cioè: Pietro Cavallini. Penso che ogni persona con un minimo di buon senso, dopo la letture del testo di Zanardi “Giotto e Pietro Cavallini”, possa essere d’accordo, o, se non altro, dubitare sulla tradizionale attribuzione, che tutti gli storici dell’arte hanno confermato, senza verifiche effettive su “ciò che si vede negli affreschi”.
    Interessante il metodo di Zanardi, che non si abbassa ad una tradizione infondata che vede Giotto l’autore del ciclo, ma che si costruisce sullo studio della “materia pittorica” dell’opera, metodo questo, totalmente in disuso da parte di quasi tutti gli storici dell’arte degli ultimi tempi, ma che è il fondamentale per una giusta comprensione delle opere del passato. Opere che oltre ad un valore espressivo(valore quest’ultimo fondamentale per un giudizio su opere nostre contemporanee), ne hanno un altro, che è quello tecnico.

    Consiglio a tutti la lettura di: “Giotto e Pietro Cavallini” di Bruno Zanardi.

    Gianluca

    7 Lug 09 at 4:16 pm

  3. Sono d’accordo che quello sia un bel libro. Ma la prospettiva di Zanardi è troppo ravvicnata, da entomologo (del resto lui è un restauratore). Bellosi e la Romano invece si muovono su un terreno diverso, più complesso e con prospettive più convincenti. La continuità tra Assisi e Padova, vista attraverso le loro analisi, è impressionante.
    Comunque, su una questione tanto importante delicata non credo che sia giusto intervenire con la faziosità che Fo ci mette. Perché diventa subito sospetto. Come se la mira fosse in realtà un’altra. A me piace pensare che la storia dell’arte sia una cosa bella, seria, che chiede pazienza e non proclami. Che vangano da Fo o da Sgarbi poco cambia.

    giuseppefrangi

    7 Lug 09 at 10:53 pm

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