Anche se non ci avesse gettato sopra lo sguardo Caravaggio da ragazzo, questo sarebbe un quadro strepitoso. Moretto lo dipinse nel 1542. Ed è ancora lì al suo posto, a Milano, nel deambulatorio di Santa Maria presso san Celso, sulla sinistra dell’altare. Un’invenzione spericolata, portata avanti senza darlo a vedere. Moretto ha sempre quell’aria intrigante dell’artista disilluso che vorrebbe aver fatto altro. Un artista esplicitamente complessato, che non riesce mai a distendere pienamente le ali. Sempre in conflitto con se stesso. Ma in questo suo andamento un filo macchinoso, in questo suo andar con il piombo nelle gambe (vedi qui quelle di Paolo) avendo però l’ambizione di volare, c’è il suo fascino, la sua malinconia. Qui inventa il punto di vista ribassato, che avrebbe stregato Caravaggio. Siamo tutti per terra con San Paolo, sovrastati da quell’enorme cavallo volante chesta a metà starda tra il cavallone di una giostra di paese e quello della Cacciata di Eliodoro di Raffaello. E siamo sovrastati soprattutto da quel cielo che è un cielo molto di casa, quindi sgomberato da tutte le astrazioni intellettuali. È un cielo molto metereologico, con quelle nuvole cupe, che filano come astronavi. Ma è un cielo anche che scatta e sfonda con quell’azzurro da brividi. E che dire dell’idea di far sbattere la luce sulla parte superiore delle nuvole? Una trovata naturalisticamente perfetta. Ma quel che più conta è che Moretto ci dice: “io vorrei tanto essere la sopra e invece la pittura mi zavorra e mi lega sempre alla terra”.
Grazie.
Una lettura molto bella e ben scritta. (Meglio di tante pagine di lettori professionali).
sm
Sergio
3 Feb 09 at 2:01 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Da sotto in su è la tradizione della pittura lombarda, da Foppa a Zenale, agli scorci del Bramantino, vien quasi da dire fino a certi voli di Daniele Crespi…forse un passato che non passa, perchè pochi se ne allontanano… Forse che lo struggimento di Moretto sia questo: avere in sè il senso di quella tradizione, germinare in nuce, quasi intravedere il “futuro naturale” di Caravaggio, ma restare sempre quaggiù, tra queste terre di Lombardia?
Perseoc
Ps: perdoni l’ardire, sono un neofita del blog, che cerca di entra in punta di piedi, sussurrando riflessioni
perseoc
11 Feb 09 at 5:53 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Mi sembra una sottolineatura molto pertinente. Condivido. In effetti lui prepara Carvaggio e intanto sogna Raffaello. Si può capire il suo emozionante spaesamento…
giuseppefrangi
11 Feb 09 at 6:20 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Oggi sono andato a vedere il dipinto (c’era messa ma con discrezione ho fatto il giro e l’ho visto lo stesso). lo avevo già visto tanti anni fa e mi aveva impressionato l’immenso cavallo. Ieri leggevo sulla pittura di Brescia e Bergamo e c’era un brano sul dipinto, così sono tornato.
E’ vero che lui ha spesso qualcosa d’impacciato (in questo dipinto quasi di naif). Forse, però, questo succede perché è un pittore di idee, che non cercano di dovrastarci con le sensazioni tattili o retiniche, ma lavorano su altre parti del cervello.
Poi, in ogni modo, in altri dipinti, Incoronazione di Maria Vergine con san Michele Arcangelo, san Giuseppe, san Nicola di Bari e san Francesco d’Assisi a Brescia, ad esempio, tocca vette altissime di sfumature e di bellissimi paesaggi che si perdono nello sfondo.
Fabian
25 Dic 11 at 12:25 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>