Robe da chiodi

Canova, fu vera carne?

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Con una bella recensione alla mostra di Forlì su Avvenire (martedì 27)Maurizio Cecchetti tenta di riscattare Antonio Canova dal feroce e definitivo de profundis che Roberto Longhi gli affibiò nel Viatico per cinque secoli di pittura veneziana: «Lo scultore nato morto, il cui cuore è ai Frari, la cui mano è all’Accademia e il resto non so dove». Cecchetti tenta il recupero, accusando l’obbrobrio di un Canova «cucinato alla Winckelmann» con i restauri alla candeggina dei capolavori dell’Ermitage. All’opposto non c’è Canova senza le patine che stendeva sui suoi marmi per renderli vivi (sino all’aneddoto del rossetto steso sulle labbra di Ebe). «…nelle sue levigatissime sculture, mostrando il marmo una leggera vena, ecco che lui, disperato, la copre con le patine, perché la bellezza della carne gloriosa, la carne del paradiso deve essere più desiderabile della carne terrestre». La chiave di lettura è suggestiva e intellettualmente generosa. Ma a me resta una invincibile ritrosia davanti a Canova. Le mani non affondano mai nel marmo come se fosse carne. Tutt’al più danzano. Della carne scorgo solo un simulacro. Canova si tiene sempre fuori con un’abilità e un eclettismo invidiabili. Molto più vicino a Jeff Koons che a Bernini. E son certo che se avesse avuto a disposizione la plastica, non l’avrebbe di sicuro disdegnata.
Per dirla tutta, amo più il Canova mattatore culturale tra papi e imperatori che il Canova scultore (e poi non riesco a perdonargli l’idea tetra delle tombe a piramide in cui, tra l’altro, è finito anche il suo cuore…)

canova_grazie

Written by giuseppefrangi

Gennaio 30th, 2009 at 12:19 am

2 Responses to 'Canova, fu vera carne?'

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  1. Jeff Koons non vale neanche il sudore del Canova.
    Sfigato ciarlatano!

    Mariottide

    4 Ott 11 at 8:37 am

  2. per la verità non ho mai detto che uno vale quanto l’altro. ho detto che sono c’è qualcosa che me li fa sembrare simili, ed è la vocazione e all’artificiosità. Libero tu di pensarla diversamete. Quanto a Canova io resto dell’idea che Longhi ci avesse azzeccato: è uno di quei giudizi critici così forti e pertinenti che nessuno riesce più a schiodarli dalle opere cui sono riferiti.

    gfrangi

    4 Ott 11 at 9:16 pm

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