Delusione per il documentario su Caravaggio di Massimo Magrì trasmesso dalla 7. Un progetto sconclusionato, con tanti ospiti che cincischiano, senza riuscire mai ad accostarsi ai perché di tanta grandezza. L’unico è Vittorio Storaro (nella foto), che riconosce a Caravaggio quel che intuì Longhi nel ’51: anticipa il cinema. I suoi quadri sono come un film, di cui lui controlla tutto, dalle luci, ovviamente, alla messa in scena, agli attori, ai costumi, alla scenografia. One man movie…
Molto più efficaci i grandi cartelloni che sono comparsi sulla metropolitana milanese, con la Cena in Emmaus di Brera, per lanciare la mostra. Caravaggio quasi si spiega da solo. È come un sasso che ti colpisce, sorprende, commuove. Incuriosisce e intenerisce. Ed essendo un pittore cinematografico, arriva diretto diretto agli occhi delle persone di oggi.