8marzo. Pensavo in questa giornata delle donne a quel che le donne stanno dicendo nell’arte e all’arte di oggi. Sono convinto che ci sia un trait d’union sotterraneo che lega tante loro esperienze e le qualifica in modo preciso e inconfondibile. Questo tratto è legato non tanto al tema quando proprio alla presenza del corpo. Trovo che sia un segnale discreto ma epocale. Nel momento in cui la cultura afferma una mitologia dell’artificiale o dell’onnipotenza dell’immaginario maschile, le donne rovesciano ferite che non sono solo loro, ma di tutto il genere umano. Provate a mettere in fila Marina Abramovic, Gina Pane, Vanessa Beecroft, Louise Bourgeois, Cindy Sherman, Shirin Neshat, Nan Goldin o anche la nostra Carol Rama. Ditemi se immediatamente non scorgete un filo rosso: il corpo per tutte non è solo un soggetto attorno a cui esprimersi, ma in un modo o nell’altro diventa il supporto stesso (come lo è una tela) su cui esprimersi. Che sia il corpo madido di violenza di Nan Goldin, quello autoflagellato di Gina Pane, quello tracciato da scritture di Shirin Neshat. Il lato cruento del vivere non è trasferito in rappresentazioni oltre sé, ma trattenuto sempre sulla propria pelle. Le donne riportano l’arte del nostro tempo al nodo che troppo spesso viene eluso o addirittura “espulso”, anche quando se ne vuole dare una rappresentazione drammatica: che la vita è una ferita intima che ciascuno si porta dentro. È fragilità di carne e sangue. È tenerezza, ma è anche violenza (che è espressione di violenza reale, perché spesso violenza subita). È natura più forte di noi.
È una mia convinzione che prescinde dal problema della grandezza di ciascuna di loro. Se il nostro tempo ci ha messo davanti questa serie di esperienze a ripetizione che culturalmente mi sembrano incollocabili in caselle uguali o contigue, ma che hanno un preciso tratto identificativo, qualcosa vorrà pur dire. È la fragile vita che bussa…
a questo breve elenco aggiungerei Francesca Woodman, se avessi la macchina del tempo tornerei indietro per incontrarla e pregarle di non suicidarsi. le sue fotografie anticipano tutte le donne che sono venute dopo di lei: da cindy sherman a vanessa beecroft alla enim a tantissime altre, praticamente tutte. mi ha fatto piacere vedere un’opera di cattelan che cita la woodman, penso che anche lui abbia avuto le mie stesse sensazioni quando ha scoperto la woodman. ogni volta che vedo una sua fotografia mi viene il magone, fotografie straordinarie
mauro
9 Mar 12 at 4:42 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Sono d’accordo. ma l’elenco voleva essere indicativo e non certo esaustivo.
gfrangi
9 Mar 12 at 6:30 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Io aggiungerei anche Jenny Saville.
Luca FIore
11 Mar 12 at 9:10 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Pina Bausch!
Beatrice
13 Mar 12 at 10:33 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
assolutamente sì la Baush. Jenny anche, per quanto mi sembra che ci sia un po’ di furbizia nel suo giganteggiare di corpi…
gfrangi
13 Mar 12 at 11:35 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>