Ho scoperto che anche Mies van der Rohe progettò una chiesa. O meglio una cappella, quella del Campus IIT di Chicago (1949-52). È creazione “miesiana” pura, luogo di un’assenza più che di una presenza. Misuratissima, ma un po’ glaciale (del resto è il destino dei luoghi religiosi che non sono intitolati a nessuno. Non hanno un santo che li abiti). Un po’ funerea, per dirla tutta. Ma la paginetta con cui l’architetto accompagnò questa sua creazione ha uno spunto bellissimo: «Troppo spesso noi pensiamo all’architettura in termini spettacolari. In quella cappella non c’è nulla di spettacolare. Non si intendeva che fosse spettacolare. Si intendeva che fosse semplice, e infatti è semplice. Ma nella sua semplicità non è rozza, al contrario, è nobile e nella sua piccolezza è grande – di fatto è monumentale. Non avrei costruito la cappella in modo diverso anche se avessi avuto un milione di dollari a disposizione» (1953).
In un’altra pagina van der Rohe fa l’elogio di un grande architetto di chiese tedesco Rudolf Schwarz. Ho visto tante chiese sue su internet. Molto interessante. E interssante il titolo del libro che scrisse: The Church Incarnate. Un titolo che evidenzia una precisa idea architettonica. Qui sotto, la chiesa di St Bonifatius ad Aachen.