Confesso di avere un debole per la scultura. Mi intriga e mi affascina per quel suo impasto di materialità e di assoluto, di “toccabilità” e di mistero. Così ho avuto un vero sussulto di godimento quando ha letto l’annuncio che Casole d’Elsa si sta aprendo una mostra dedicata a Marco Romano ( curata da Alessandro Bagnoli). Direte, chi è Marco Romano? Ebbene è un grandissimo e molto misterioso scultore che ha lavorato all’alba del 300. Io l’avevo conosciuto grazie a un magistrale saggio di Giovanni Previtali, che per primo negli anni 70 assemblò il puzzle delle sue opere sparse tra Toscana, Lombardia e Venezia. Ad esempio quella che vedete qui a fianco è il volto di un Sant’Omobono realizzato per la cattedrale di Cremona. Impressionante la fisicità carnale del volto, la capacità di cogliere l’attimo di concitazione, quasi uno scatto di comando o di indignazione, di questo santo vestito da borghese dell’età comunale (osservate i tendini tesi sotto il mento). Sembra già un preludio di Rodin, ma siamo ancora all’inizio del 300.
Marco Romano fa parte di quel filone di cultura gotica permeata di classico, che risponde allo stile drammatico e sregolato, quasi gridato, del grande Giovanni Pisano. Eppure gli anni non sono distanti (Giovanni muore nel 1315). Con Marco Romano resta la stessa capacità vitalistica che innerba la pietra, ma ricomposta dentro una misura sorprendentemente e precocemente classica.
È una dialettica decisvia questa che s’innesca tra temperamenti irregolari e quelli più portati a stringere l’emergia della scultura dentro un ordine. È la stessa che si rinnova un secolo dopo tra Donatello e Brunelleschi, ma che pervade un po’ tutta la storia dell’arte italiana.
Un’ultima cosa: Previtali sottolineava come il disvelamento del verbo classico fosse avvenuto per opera di due grandi cantieri del nord, quelli delle cattedrali di Reims e di Bamberga in Germania. Come sia avvenuto che il Nord abbia anticipato tutti in questa svolta è cosa intrigante da capire. Delle sculture del portale di Reims ho un ricordo impressionante: come se il Partenone fosse improvvisamente riaffiorato nel tessuto europeo.
Caro Giuseppe
le tue righe mi hanno fatto venir voglia di andare a Casole ed anche di leggere il testo di Previtali che tu citi.
Mi dai per favore i riferimenti bibliografici e, se possibile, me li mando via mail a :
franco.bellino@francobellino.it
Non sono sicuro di ritrovare il tuo sito, anche se l’ho salvato.
Grazie
Franco
Franco Bellino
13 Lug 10 at 9:45 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>