Ho trovato queste righe in un libro che vi suggerisco di leggere, Breve storia della curatela di Obrist (Postmedia Books). Le ho trovate nell’intervista (che fa parte del libro) ad Anne d’Harnoncourt, già direttore del Philadelphia Museum of Art (è morta nel 2008; l’intervista è del 2006). A Obrist che le chiede quale consiglio darebbe a un giovan curatore, lei risponde così:
«Credo che il mio consiglio non cambierebbe molto: osservare, osservare, osservare e osservare, e poi osservare di nuovo, perché niente sostituisce l’osservazione…. Non vorrei essere, in termini “duchampiani”, solo retinica, non è questo che voglio dire. Vorrei stare con l’arte: ho sempre pensato che fosse una bellissima frase quella di Gilbert & George “tutto quello che chiediamo è di stare con l’arte”… È un privilegio, è una responsabilità, è un onore; è scoraggiante passare molto tempo con l’arte e con gli artisti, perché vorrei rendere loro giustizia. In realtà questo l’ho imparato sia dai giovani curatori che dai miei insegnanti… Credo che prima di tutto non si smette mai di imparare, bisogna sperare di avere davanti una lunga corsa prima di non potere veder più nulla, prima di vedere solo cose che conoscevi e che già ti entusiasmavano. Credo anche che una delle maggiori opportunità nella vita di un curatore sia quella di cambiare idea, veder il lavoro di un artista che non capiva o che non gli piaceva, o che non riusciva a mettere insieme dieci o vent’anni fa, e improvvisamnte girare l’angolo e vdere magari la stessa cosa, o magari qualcosa di diverso dello stesso artista ed esclamare: “Wow! Questa è una cosa che è importante vedere”».
Ps: Come può una persona stare con l’arte? Sentite come rispondono Gilbert & George: «Oh arte da dove arrivi, chi dato vita ad una tale stranezza? Per che genere di persone sei fatta: sei per i forsennati, per i poveri di cuore, per chi è senza anima? Fai parte del fantastico mondo della natura o sei l’invenzione di qualche uomo ambizioso? Provieni da una lunga stirpe di arti? Diventare artista è rinascere oppure è una condizione della vita?» (dall’introduzione delle stesso libro di Obrist)