È una sorpresa sul lungolago di Lugano trovarsi davanti il grande cartellone che annuncia la mostra di Morandi: la Natura morta meravigliosa del 1957, con le sue bottiglie bianche scure slanciatissime, giganteggia senza nessun timore di quelle insolite colossali dimensioni. Il cartellone annuncia la mostra bellissima, con un centinaio di opere, di qualità altissima, alcune poco viste. Visitandola l’effetto di quel primo impatto con il grande cartellone messo sullo spartitraffico del lungolago, lascia il segno: tutto Morandi si svela come un pittore con la vocazione alla monumentalità. Lo sottolinea anche Bernardo Bertolucci nel filmato realizzato apposta per la mostra, ricordando come suo padre accostasse sempre Morandi a Giotto. E tra i materiali documentari c’è anche la sequenza famosa della Dolce Vita in cui Mastroianni disquisisce con Steiner davanti a un quadro di Morandi (una Natura morta Jucker) che Fellini aveva riprodotto a dimensioni molto ingrandite.
Da cosa è data questa vocazione monumentale di Morandi? Mi sembra chiaro derivi dalla natura strutturalmente architettonica dei suoi quadri. Nella bella e mai banale introduzione al catalogo (bello, edito da Silvana) la curatrice Maria Cristina Bandiera si sofferma giustamente sull’ultimo romanzo di DonDelillo Falling Man, scritto dopo la tragedia dell’11 settembre. In quel libro i due protagonisti, Lianne e Martin, dialogano davanti a un gruppo di nature morte di Morandi. E ad un certo punto concordano su questa lettura: «L’intero gruppo, in prospettiva disomogenea e colori per lo più smorzati, emanava una strana sorta di austera potenza. Lo guardarono insieme. Due degli oggetti più alti erano scuri e cupi, con segni fumosi e sbavature, e uno dei due era parzialmente coperto da una bottigliaa collo più lungo. La bottiglia era una bottiglia bianca. Era ai due oggetti scuri, troppo vaghi per essere identificati, che Martin si riferiva. “Tu cosa vedi?”, le chiese. Lei vedeva ciò che vedeva lui. Vedeva le torri». Fa impressione pensare che quelle piccole opere nate nella più assoluta riservatezza della provincia italiana, incorporino per un grande scritto come Delillo, i segni della più tragica giornata che l’Occidente abbia vissuto negli ultimi 50 anni.
A proposito della natura architettonica della pittura di Morandi, la Bandiera cita anche un’altra controprova: nel film che Sidney Pollack ha girato, prima di morire, su Frank Ghery, la casa di Wayzata, capolavoro dell’architetto canadese (1987), viene messa a paragone con una Natura morta di Morandi: la distribuzione delle masse appare identica. E la cromia dell’architettura evidenzia questa discendenza stretta.
Il sito della mostra