Robe da chiodi

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La fantastica vecchiezza di Goya

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Oggi apre a Milano una mostra non so quanto sensata su Goya e la modernità. Sono quelle idee un po’ raffazzonate, in cui si vuole dimostrare che stante un grande, tutto quello che viene dopo discende, volente o nolente, da lui. Il che è un processo mentale di una genericità e di un semplicismo che lascia il tempo che trova. Goya basta da sé (se poi i quadri suoi che si possono avere in prestito non sono tanti e per condire una mostra dai numeri accettabili bisogna attaccargli una coda, questo è un altro discorso…).

Comunque alla mostra di Milano c’è un quadro che per me vale da solo il biglietto. È la Lattaia di Bordeaux, dipinta nell’estremo esilio francese. È il ritratto di una ragazza, di quelle che dalla campagna arrivavano in città per portare il latte. Sta sul dorso di un mulo che non si vede, con il contenitore sulla sinistra. Il ritratto è come visto dal basso, e si staglia su un cielo incredibile, immenso e profondo, che si fa via via più luminoso, e si accende nei contorni della figura. Goya dipinse questo quadro usando anche una tecnica spregiudicata, infatti il colore ad olio è mescolato con amido e con sabbia fine, un mix che fa vibrare di luce la materia. Il particolare per me indimenticabile è lo sguardo struggente della ragazza, pieno di desiderio e affondato nella nostalgia. Uno sguardo così antico e insieme così contemporaneo. Osservate la bocca socchiusa, come per un gemito che a noi è destinato a restare misterioso. La Lattaia di Bordeaux è un’icona della giovinezza, dei suoi fremiti e delle sue timidezze; un’icona dipinta da un grande artista che sino all’ultimo giorno si dimostra ingordo di vita.

Goya infatti aveva 82 anni, era sordo. Racconta l’amico Moratìn: «Goya arrivò sordo, vecchio, maldestro e debole, senza sapere una parola di francese e senza un domestico, ma contentissimo e desideroso di vedere il mondo». Lavorava in continuazione e in un commovente disegno custodito al Prado con l’immagine di un vecchio che cammina con le stampelle (eccolo qui sotto),  come ricorda sul Corriere Francesca Bonazzoli, scrive: «Aùn, aprendo», «Ancora, imparo». Grande Goya!

Written by giuseppefrangi

Marzo 17th, 2010 at 12:45 pm