Robe da chiodi

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La primavera del disegno

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Su Le Monde oggi c’è una pagina che celebra il ritorno al disegno degli artisti contemporanei, in particolare giovani. Al Palais de la Bourse si è aperto il Salon du Dessin (sino al 4 aprile) che ha attratto altre manifestazioni collaterali in altri luoghi della città. La pagina è corredata con il disegno di un giovane artista americano Matt Bollinger (immagine qui sopra), che mostra quale freschezza pungente riservi il disegno manuale nell’era dell’artificio (è esposto a Drawing Now Suite, al Carrousel du Louvre). Potrebbe esserci al suo posto un disegno di Andrea Mastrovito (immagine qui sotto), il giovane che oggi inaugura una ambiziosissima e sorprendente personale a Casa Testori a Novate, e avrebbe fatto lo stesso effetto. Il disegno nella sua fragilità e transitorietà si mostra capace di un’energia e di un’immediatezza anche laddove (come nei due casi citati) è frutto di un lavoro sottile e certosino. Il disegno permette ancora uno sguardo ingenuo, diretto, capace di portare a galla tutto. Vincent Bioulès, che insegna disegno all’Ecole des Beaux- arts di Parigi racconta su Le Monde la ragione profonda di questa primavera del disegno, sulla base della sua esperienza: «Si ha sempre l’impressione di vedere il reale, ma quando cominci a disegnare, mi rendo conto di non aver visto niente. Il disegno è una sintassi per appropriarsi del mondo. È la potenza della decifrazione del reale».

Ricordo di aver letto nel libro di John Berger Sul disegnare (Schewiller) questo pensiero che mi è rimasto impresso: «Disegnare non è solo misurare e annotare, è anche ricevere. Quando l’intensità dello sguardo raggiunge un certo grado, diventiamo consapevoli che un’energia altrettanto intensa viene verso di noi, attraverso l’apparenza di quello che stiamo scrutando. L’intera opera di Giacometti ne è la dimostrazione».

(Aggiungo che fa parte di questa primavera del disegno anche l’opportunità di vedere i disegni capolavoro di Michelangelo , sia architetto che no, al Castello Sforzesco)

Written by gfrangi

Marzo 30th, 2011 at 10:37 pm

Van Gogh non dipingeva con l'orecchio

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Curiosamente si è riaccesa nell’arco di poche settimane la querelle sull’orecchio (auto)mutilato di Van Gogh. Prima un’ipotesi che mette sul banco degli imputati Paul Gauguin, ora una più intrigante che scova in una lettera al fratello “dipinta” sul tavolo di una Natura morta con tavolo da disegno, pipa, cipolla e cera (al Kröller-Müller di Otterlo) del gennaio 1889, il casus scatenante la scelta autolesionista di VG. Nella lettera VG metterebbe in guardia il fratello dal matrimonio: insomma una scena di gelosia verso la prossima cognata, Johanna Bonger. In realtù sul tavolo c’è una lettera con ben in evidenza il destinatario. L’ipotesi è curiosa e mostra una certa coerenza con le lettere note di VG  sul tema matrimonio del fratello. Ma la rivelazione di Martin Bailey, pubblicata The Art Newspaper, sembra una classica operazione di lancio della mostra che a gennaio si aprirà alla Royal Accademy dedicata alle lettere di VG. Lettere di cui è uscita un’edizione straordinaria che oltre ad essere completa è corredata dalle immagini dei quadri e dei disegni di cui VG parla nelle singole lettere (in sei volumi, in tre edizioni, inglese, francese e olandese).
Sul fattaccio del dicembre 1888, mi resta impressa l’idea lasciatami dalla straordinaria mostra di qualche anno fa ad Amsterdam, tutta dedicata al sodalizio VG- Gauguin. Quel sodalizio di 66 giorni esplose per un approccio radicalmente opposto tra i due sulle questioni chiave del fare artistico. E l’opposizione ha segnato un solco profondo che segna anche buona parte del 900 (realtà vs visione). Quindi quel conflitto, così preciso e così dettagliato, mi sembra ragione più che sufficiente per spiegare il gesto di VG. Detto questo, come scrive in una pagina di un suo racconto Foster Wallace, «non è che VG dipingesse con l’orecchio». Perciò occhio a non dar troppo peso al fattaccio. VG dipingeva con un’altra energia: e ho trovato una buona sintesi in un libretto di John Berger, appena tradotto in italiano e dedicato al Disegno. Scrive Berger, che l’energia di VG è un’energia di amore verso le cose che dipinge. È questo che lo muove e che commuove (commosse ad esempio Francis Bacon, che a Van Gogh ha dedicato una celebre “suite” ispirata a un quadro che per altro non c’è più, l’Autoritratto sulla strada di Tarascona. Un inno alla foga innamorata che muove ogni mattina l’artista verso la propria vocazione).

Written by giuseppefrangi

Dicembre 30th, 2009 at 11:24 am