È tornato finalmente in libreria Autoritratto di Carla Lonzi (la casa editrice et al. sta ripubblicando tutti i suoi testi, in edizioni sobrie, molto nello spirtio del tempo…; su amazon.it lo trovate al 30% di sconto). Un libro affascinante da me letto in fotocopie, che precorre tanto modo non di fare critica ma di essere critica di oggi. Ma nella Lonzi cerca sempre un riscontro di verità umana, di coincidenza tra l’avventura dell’artista e la sua (notate il titolo del libro al singolare: tanti incontri con artisti per cercare di capire se stessa). Nella belle pagine che Alias le ha dedicato sabato scorso Barbara Cinelli parla di «una personalità critica volontariamente “disarmata”, per un’innata vocazione piuttosto alla condivisione delle cose accadute, che non alla loro notomizzazione». E poi ancora: «si manifesta la felice cancellazione di ogni ideologia, intellettualismo o schieramento, e l’emergere, in una assoluta purezza, dell’adesione alle avventure individuali, che colloca la definizione del linguaggio visivo in una zona di esistenza piuttosto che di decifrazione storica». Una libertà tutta femminile, nei confronti della quale appaiono del tutto truci i tentativi maschili di imbrigliare l’arte in ragionamenti teorici (c’era Argan al suo opposto).
Belle due considerazioni di Carla Lonzi riportate nela pagine di Alias. La prima: «L’arte diventa il plus valore che la società attribuisce alle operazioni di chi crede in se stesso». La seconda (sul falso mito dell’India negli anni 70): «…se ne vanno per avere dei ragionamenti un po’ di spiritualità… qui ci sono gli artisti: possibile che la cultura ttanto è riuscita a fare che… uno non riesca a meditare sul lavoro di un artista e trarne delle conseguenze… C’è stato Duchamp… se uno ci medita ce n’è abbastsnza… non occorre che vada in India, mi spiego?». Si spiega, si spiega…