È sin troppo facile infierire sul goffissimo monumento a Giovanni Paolo II inaugurato a Roma. L’idea stessa di fare un monumento nel 2011 sembra un’idea un po’ fuori dalla storia: non è stagione la nostra di monumenti, a meno che non siano semplici composizioni di arredo urbano. È come se avessimo perso la sintassi, e i tentativi di far finta che così non sia sono patetici. La prassi seguita a Roma poi è stata di un provincialismo che è esattamente l’opposto della cifra globale che ha contrassegnato una figura come quella di GPII. Niente concorso, una commessa a un onesto professionista della scultura Oliviero Rainaldi, che evidentemente non aveva il passo per un’impresa di questo tipo (l’altra commissione religiosa che aveva ricevuto, per una chiesa di Terni, bastava per mettere tutti sull’avviso…). E l’Osservatore romano non ha trovato di meglio che lamentarsi della scarsa somiglianza di quel volto da extraterrestre…
Ma l’Osservatore romano e quel che resta del pensiero cattolico nostrano, devono persuadersi che l’arte chiede coraggio. È una specie di conditio sine qua non. Quest’inverno abbiamo visto il Wojtyla colpito dalla meteorite e abbarbicato alla sua croce che Cattelan aveva sistemato nel salone delle Cariatidi a Milano coperto di rosso: quello semmai era un “monumento” a GPII. Che ne leggeva in chiave drammatica, spregiudicata ma anche epica la figura.
Inoltre, un monumento deve sapere conquistare lo spazio nel quale viene inserito. Grande o piccolo che sia deve imporsi come ombelico, come punto calamitante. Il povero guscio di bronzo invece sembra sperso in mezzo all’aiuola di piazza dei 500. Pur con i suoi 5 metri di altezza naufraga, è completamente inghiottito dal contesto. Al contrario, invece, di quel che accade per la mano di Cattelan a Piazza Affari a Milano che ha domato la piazza, ne è diventata l’epicentro.
Infine: volete proprio-proprio fare un monumento a GPII? Allora chiamate un artista globale, di quelli che sanno muoversi sulle dimensioni colossali: Serra, Kiefer, Kapoor, per fare tre nomi. Magari non avremmo ritrovato la faccia di GPII ma avremmo ritrovato qualcosa del suo impeto e dlla sua energia.