Avendo dovuto lavorare per un articolo giornalistico sul restauro della Paolina, mi sono trovato a toccare con mano la confusione di un libro di larga diffusione pubblicato da un editore accreditato. È la biografia di Michelangelo di Antonio Forcellino, uscita nel 2005 per Laterza. A parte l’estemporaneità molto arbitraria a livello di interpretazione delle opere e del personaggio (un Michelangelo spiritualista, cattolico dissidente, antipapalino: lui che era alla testa di tutti i più importanti e ricchi cantieri pontifici…), il libro ha errori, individuati persino da un occhio dilettante come il mio. Si dice che il restauro del 1930 contò 80 giorni lavorativi per i due affreschi della Paolina. Mi parevan pochi, nell’arco di sei anni. Sono andato a fare una verifica: sono 85 più 87. Si dice che Giotto nella predella del Polittico Stefaneschi, per “chiudere” lo spazio lasciato aperto in alto dalla Crocifissione di San Pietro (un problema compositivo per tutti gli artisti) escogitò la soluzione geniale di mettere due cavalieri che avanzano a coprire il vuoto. Nient’affatto: i cavalieri ci sono ma stanno in basso a riempire lo spazio già pieno dalle braccia aperte di Pietro. Sopra ci sono gli angeli e le sagome delle due piramidi: la piramide di Caio Cestio, già presunta tomba di Remo, e la meta Romuli, la piramide in Borgo distrutta nel 1496 e presunta tomba di Romolo. Pietro infatti, secondo una tradizione, era stato crocifisso sul Gianicolo e poi sepolto in Vaticano (l’ho scoperto leggendo un preciso articolo di Arnold Nesselrath sull’Osservatore Romano). Giovanni Andrea Gilio, che criticò la Conversione di san Paolo per la sua idea più bella (Cristo «che par che si precipiti dal cielo con atto poco honorato»), viene presentato come monsignore, e non come il teorico censore che proprio nell’anno dlela morte di Michelangelo, il 1564, pubblicò il suo malevolo Dialogo degli errori de’ pittori per scatenare la polemica contro i nudi della Sistina. (Guardate che bello il particolare della Crocifissione di San Pietro).
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Divertitevi con Michelangelo
1. La Cappella Paolina restaurata: scorrete le immagini. Notate lo sguardo furente di Pietro, che si fa un baffo dei suo aguzzini e sembra prendersela con gli inquilini della Cappella (o l’Inquilino?)
2. Al Metropolitan esposta la tavola acquistata dal Kimbell Museum di Fort West. È una copia dall’incisione di Schongauer con le Tentazioni di Sant’Antonio, e riferita da Ascanio Condivi nella sua biografia di Michelangelo, obbediente ai desiderata del maestro. Keith Christiansen, in Nuovi Studi, ha dettagliato le ragioni della sua certezza, riassunte in un’intervista rilasciata a Repubblica ad Anna Ottani Cavina. Intanto anche in questo caso siate curiosi, guardate l’opera (inattesa) dettaglio per dettaglio (le ha messe sul suo sito il Guardian). Condivi raconta che per rappresentare i mostri Michelangelo se ne andava in pescheria: il mostro slla destra ha le squame di pesce, che in Schongauer non ci sono.