A Padova per un excursus sull’iconografia della Vocazione di Paolo. Vocazione, meglio che Conversione, perché nel caso di Paolo la regia è totalmente di un altro. Uno che chiama e Paolo che, per quanto spiazzato, risponde. Per questo mi sembra che l’iconografia della Vocazione di San Paolo viva di molti imbarazzi, sino ad una certa stagione: vedi la predella di Bellini nella Pala di Pesaro o di Signorelli a Loreto. Questa imprevedibile e unilaterale iniziativa di Dio sembra spiazzante e viene tradotta in scene devote, con Gesù che appare in alto e Paolo che cade un po’ con l’aria del debuttante. Raffaello, nei cartoni per gli arazzi, intuisce che il problema sta proprio nel ristabilire i ruoli dell’azione: Gesù occupa il centro della scena e “scaraventa” Paolo al margine sinistro della scena. Ma l’intuizione risolutiva è quella di Michelangelo 30 anni dopo (1543) alla cappella Paolina: nell’affresco Michelangelo rovescia l’immagine di Cristo e lo fa piombare dall’alto quasi a valanga su Paolo caduto da cavallo. La partita, pur nella mischia, diventa una partita a due. La soluzione provoca non pochi mal di pancia clericali. Significativo quel che scrive nel 1564 monsignor Angelo Gilio: «Però mi pare che Michelangelo mancasse assai che nel Cristo che appare a San Paolo ne la sua conversione; il quale fuor di ogni gravità, e d’ogni decoro; par che si precipiti dal cielo con atto poco honorato, dovendo fare quella apparizione con gravità, e maestà tale quale appartiene al Re del Cielo e della Terra». Par che si precipiti: Michelangelo aveva colto il cuore dell’evento sulla via di Damasco. Iniziativa improvvisa, imprevista e dall’effetto immediato. Altri 40 anni e Caravaggio si mette nella scia di Michelangelo: nella prima versione per la cappella Cerasi, Cristo piomba dall’angolo destro alto e l’angelo che l’accompagna non si capisce se sia lì a sostenerlo o non piuttosto a frenarne l’irruenza. Caravaggio di par suo aggiunge all’iniziativa di Cristo un ulteriore connotato: la fa umanamente affascinante e irresistibile. Nella seconda e definitiva versione Cristo scompare, ma sono le braccia spalancate di Paolo riverso per terra, a renderlo potentemente presente.
Interessante, ma il dio che si precipita mi ricorda soprattutto un genio della prospettiva…Paolo Uccello.
Sarà anche lui a Padova, chiamato da Donatello, qui aiuterà il suo grande collega nella realizzazione dell’altare del santo.
Ti dico Paolo perchè basta andare in S.Maria Novella, chiostro verde, per vedere il padre eterno che precipita come un meteorite sulla terra, mi pare che l’affresco sia il sacrificio di Noè.
Dio precipita come nella vita reale, cade, per colpa della gravità, viene messo lì per mostrarci il peso che ha su di lui la terra, è un paracadutista in affanno.
Lo vediamo di spalle, pesante, non riesce a controllarsi, è un proiettile vagante, speriamo che non colpisca nessuno…
Il 29 giugno ho il secondo round con il professor Agosti, mi presento con un 30, speriamo vada tutto bene, in tal modo potrò chiedergli la tesi.
Saluti.
OTILLAF
2 Giu 09 at 3:07 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>