Ci sono pochi artisti che abbiano un così profondo sentimento dell’umano come Giacomo Ceruti (un artista su cui Giovanni testori ha scritto cose inarrivabili). Oggi, primo giorno di scuola, mi torna sotto gli occhi questo suo quadro straordinario che fa parte del Ciclo di Padernello. Si intitola Donne che lavorano ed è custodito alla Tosio Martinengo di Brescia: in uno spazio che sembra quasi un esterno, un gruppo di donne cuce, sedute su belle sedie impagliate è intenta a cucire con il tombolo. Non tutte però lavorano. La donna al centro infatti con un abito blu indossato con imprevista regalità, tiene un libro nel grembo e guida la mano di una bambina tra le righe, evidentemente per insegnarle a leggere. Infatti il quadro come titolo completo ha questo: “Donne al lavoro (con bambina che impara leggere)”. In realtà a guardare bene il quadro, il titolo potrebbe anche essere ribaltato, visto che la scena presunta marginale, occupa in realtà il centro della composizione e sembra proprio quella su cui Ceruti vuole portare il nostro sguardo. Immagino che don Milani avrebbe potuto fare un manifesto di un quadro come questo, che esprime in modo così giusto, così consapevole, la centralità dell’istruzione. In un mondo che aveva il problema del pane, il sapere leggere viene vissuto come una priorità.
Non si sa come e perché Ceruti fosse arrivato a realizzare questo straordinario ciclo dedicato al mondo popolare. E può essere che il modo con cui oggi noi ne fruiamo non tenga conto di fattori che oggi ci sfuggono. Ma a volte le opere vanno prese anche come vengono: e questa arriva a noi con molta dolcezza, come rappresentazione di un microcosmo di straordinaria dignità. Quella di Ceruti è quasi un’antropologia compiuta, per equilibrio, dignità e intelligenza. Un mondo che nella coscienza del bisogno ha trovato anche la pazienza di costruire delle risposte. Un mondo tutto al femminile, e questo rende ancor più sorprendente, rispetto ai tempi, il quadro di Ceruti.
C’è un altro dettaglio da sottolineare: ed è l’ordinato disordine con cui Ceruti dispone i personaggi. C’è un senso di libertà nella casualità con cui i personaggi si presentano. Non c’è la retorica dei buoni e dei semplici, ma c’è un mettersi di fronte alla la realtà con determinazione e con intelligente naturalezza.