Parto da questo quadro, un capolavoro di Giovanni Serodine che dipinge un ritratto del padre. È un quadro intimo, privato. Il contesto e l’impaginazione non hanno volutamente nulla di speciale. È un’immagine in cui il figlio cerca di indagare, di capire, di scoprire. Non c’è spazio per nessuna enfasi, semmai si respira un senso di affetto vero. È un quadro che scruta con discrezione un doppio interno: l’ambiente e il lato interiore del padre. Il padre è colto in una situazione abbastanza banale, che non teme di lasciar venire a galla anche una dimensione dimessa, pacificamente accettata. È un padre senza imperativi. Più propenso ad ascoltare che a dare ordini. Pensavo questo pensando a mio padre, Carlo, che ieri, 7 marzo 2015, se n’è andato. Non ricordo momenti in cui ho sentito la sua presenza come qualcosa di forte, di deciso, di ingombrante rispetto alla mia vita. Come il padre di Serodine è un tipo di padre che alza lo sguardo senza pensare di legare la libertà del figlio. Ma alza lo sguardo. È un padre che non va oltre a dei semplici accenni. A porre domande leggere. Non è un padre forte. Non è padre d’ordine. In un certo senso è poco padre, secondo quell’accezione un po’ granitica che per schematismo si assegna a quella parola.
Ma guardando il quadro di Serodine capisco che quell’essere meno potentemente padre, lo fa essere più profondamente padre. Mi chiedevo come poteva essere possibile una cosa che sembra essere contraddittoria. E allora ho aperto una pagina di quel genio nella comprensione dell’umano che è stato don Giussani, e ho capito, che il padre non è determinato dal suo carattere ma dalla fedeltà alla sua funzione: «essere il segno immediato del Mistero che ci ha fatti, il segno immediato di Dio, qualunque uomo sia stato – degno o non degno questo non c’entra, è l’essere segno che c’entra». È questo che fa sì che tuo padre sia piantato dentro di te. Per Serodine è andata così, perché così, e solo così si riesce a spiegare la verità e la profondità di quel quadro. Ma oggi scopro che così è stato anche per me.