Robe da chiodi

Paolo VI, un papa per amico

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Viene beatificato, senza rulli di tamburi rispettando il suo stile, papa Montini. Per me il più grande papa del 900. Ci sono svariati e mai banali incroci con il mondo dell’arte nella sua storia. Ne esemplifico tre.

1. Va da sé, lo straordinario discorso tenuto il giorno dell’Ascensione del 1964 nella Cappella Sistina, in occasione di una Messa per gli artisti. «Bisogna ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti». Montini ammette le colpe della Chiesa con un’intelligenza senza pari: «Vi abbiamo talvolta messo una cappa di piombo addosso, possiamo dirlo; perdonateci! E poi vi abbiamo abbandonato anche noi. Non vi abbiamo spiegato le nostre cose, non vi abbiamo introdotti nella cella segreta, dove i misteri di Dio fanno balzare il cuore dell’uomo di gioia, di speranza, di letizia, di ebbrezza. Non vi abbiamo avuti allievi, amici, conversatori; perciò voi non ci avete conosciuto». E poi ancora: «E – faremo il confiteor completo, stamattina, almeno qui -vi abbiamo peggio trattati, siamo ricorsi ai surrogati, all’«oleografia», all’opera d’arte di pochi pregi e di poca spesa, anche perché, a nostra discolpa, non avevamo mezzi di compiere cose grandi, cose belle, cose nuove, cose degne di essere ammirate». E poi il rimprovero, affettuoso ma senza sconti: «L’arte dovrebbe essere intuizione, dovrebbe essere facilità, dovrebbe essere felicità. Voi non sempre ce le date questa facilità, questa felicità e allora restiamo sorpresi ed intimiditi e distaccati».

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2. Paolo VI fedele a queste parole non ha temuto, aprendo la sezione di arte moderna dei Musei Vaticani di portare anche l’arte che fa scandalo. C’è un Papa di Bacon (vedi sopra, sono di Gianni Agnelli), nelle raccolte. Grande apertura e grande coraggio di non sottrarsi alle evidenze non comode della storia.

3. Da arcivescovo di Milano aveva promosso a metà anni 50 il più esemplare piano di costruzione di nuove chiese che io conosca, chiamando i migliori architetti e lasciando loro libertà di applicare l’indicazione data. Perché l’indicazione c’era: chiese non enfatiche, chiese aperte, chiese semplici. In pochi anni sono state costruite la chiesa di vetro di Mangiarotti a Baranzate , la Madonna dei Poveri di Figini Pollini, le chiese di Ponti (San Luca in particolare), Sant’Enrico di Gardella a San Donato. Chiese svuotate di ogni enfasi, senza effetti speciali; chiese in cui si respira anche tutta la fatica del nostro tempo; chiese in cui ancora, entrando, ci si può commuovere.

Written by gfrangi

Ottobre 18th, 2014 at 5:16 pm

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