Robe da chiodi

Caravaggio, questione di sguardi

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Dopo tanti anni di nuovo a Genova, a Palazzo Bianco, davanti all’Ecce Homo di Caravaggio. Dell’allestimento delicato e perfetto di Franco Albini restano solo poche reliquie, ma una di queste tocca proprio al capolavoro: la parete con lastre di granito che gli fa da sfondo. Dobbiamo a Roberto Longhi e a Caterina Marcenaro, la mitica direttrice delle Bella Arti a Genova, la riemersione di quest’opera abbandonata tra uffici, magazzini e sottotetti e tenuta in condizioni penose sino al 1954. La Marcenaro si accorse che non era un quadro qualunque. Longhi la pubblicò, senza incertezze sull’autografia caravaggesca, su Paragone nel febbraio 1954. Il quadro ha un’evidenza clamorosa nella sua semplicità: tre personaggi, su tre piani, dietro a una balaustra. C’è un Pilato senza tentennamenti che mostra al popolo (che siamo noi, aldiqua della balaustra), un Cristo di struggente dolcezza e remissività. Dietro lo sbirro regge il mantello e guarda la vittima con l’abitudinario disprezzo. Ma basta una lettura epidermica del quadro per accorgersi come Caravaggio condensi genialmente la scena nel gioco degli sguardi. C’è lo sguardo di Pilato, sgranato, potente, aggressivo. Lo sguardo di uno che sa quel che vuole e che ruba la scena (nel senso letterale, perché a differenza dell’iconografia tradizionale conquista il primo piano). E c’è il non-sguardo di Cristo. Che sta con la testa china e le palpebre abbassate, un passo indietro. Non li vediamo gli occhi di Cristo, emblema di innocenza. E a memoria non ricordo un’immagine simile. La voracità di Pilato contro il silenzio denso d’obbedienza di Cristo. Non si poteva pensare nulla che potesse restituire con più definitività l’Ecce Homo.

Longhi poi aggiunse un’altra ipotesi tremendamente suggestiva. Pensò che nel Pilato Caravaggio si fosse rappresentato, e portò una serie di credibili analogie somatiche con effigi note del pittore («la somiglianza profonda delle orbite incassate, delle palpebre spesse come di cuoio, delle sopracciglia rialzate quasi per orrore fisso…»). Portò allo scoperto un altro particolare che poteva confermare la sua ipotesi: le mani di Pilato sono nella posizione di un pittore che si fa un autoritratto, la sinistra che tiene la tavolozza, la destra che con il pennello s’appresta a dipingere il «torso di Cristo che sboccia intatto e virginale, come dal mallo, una scultura arcaica». Il tutto senza una briciola di compiacimento. Chiude Longhi: «Anche per noi oggi, è pur questa l’iilusione di realtà intrepida e straziante che promana dall’Ecce Homo ritrovato a Genova»

Written by giuseppefrangi

Novembre 4th, 2008 at 12:04 am

3 Responses to 'Caravaggio, questione di sguardi'

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  1. “La voracità di Pilato contro il silenzio denso d’obbedienza di Cristo”. C’è qualcosa di diverso, oggi, in tutto ciò che ci circonda? Credo di no. Grazie.

    Maurizio

    6 Nov 08 at 11:48 am

  2. Direi che è lo stesso “film”. Forse ci mancano registi della grandezza di Caravaggio per raccontarcelo…

    giuseppefrangi

    10 Nov 08 at 12:14 pm

  3. Piero Boccardo ni fa avere questa precisazione riguiardo al post.

    Due precisazioni:
    1. le lastre di pietra della parete su cui è appeso l’Ecce Homo di Caravaggio in Palazzo Bianco non sono di granito ma di ardesia (c’è na bella differenza…);
    2. Le due pareti in ardesia, dunque, non erano state pensate da Albini per i dipinti, ma come sfondo per le sculture marmoree, ovvero l’attuale sistemazione del dipinto di Caravaggio non risale ad Albini, ma è successiva alla progettazione dello stesso Albini del Museo di Sant’Agostino destinato ad ospitare le sculture in precedenza esposte in Palazzo Bianco

    gfrangi

    25 Lug 11 at 7:40 am

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