Robe da chiodi

C’è Tiziano in casa Almodóvar

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Ci sono due riproduzioni in formato macro delle Veneri di Tiziano (quella di Urbino e quella con l’organista conservata a Berlino) in cima al ballatoio nella casa di Banderas, protagonista del film di Almodóvar (La pelle che abito). È un film pieno di riferimenti artistici, a partire dalla centralità di Louise Bourgeois, cui il/la coprotagonista s’ispira in ambedue le fasi della sua vita, quella machile e quella femminile. C’è anche l’opera di un autore feticcio per Almodóvar come Guillermo Perez Villalta (il quadro nella sua camera) e ci sono i collage di un certo Juan Gatti (il cinema fa anche da volano al mercato). Ma Tiziano è Tiziano e quella sua presenza dominante fa pensare. Il Banderas chirurgo plastico evidentemente vede nelle monumentali distese di pelle dei nudi tizianeschi quasi un orizzonte ideale. Tant’è vero che nella fase psicologicamente più delicata del suo esperimento osservala sua vittima a tutto schermo, su video al plasma che riprende le immagini della stanza affianco. Sdraiata su un letto rosso. Vestita della sua tuta color pelle che protegge la nuova pelle, la protagonista è in posa come una nuova Venere, inquietante e sottilmente allucinata come ogni prodotto da laboratorio.
Perché Tiziano in posizione così trionfale? Immagino che Almodóvar sia stato stregato dall’ostentazione della posa tizianesca, come di una Venere messa in vetrina, che è tutta un “farsi guardare” (no solo da noi: che altro fa l’organista che si gira per ammirare lo spettacolo di carne disteso alle sue spalle?). E poi può essergli scattata l’idea che la pittura di Tiziano sia come una seconda pelle. Che non è un surrogato, né un processo d’imitazione biologica, ma qualcosa di concettualmente diverso: un guscio luminoso che scavalca la sfioritura determinata dal tempo. Le due cose ovviamente non si elidono: la spavalderia della posa può essere proprio determinata dalla coscienza della propria persistenza nel tempo.

Written by gfrangi

Settembre 25th, 2011 at 5:46 pm

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