Ci ha pensato su per 50 anni. E alla fine Paola Caróla, psicoanalista napoletana, ha raccontato in un libretto appena uscito la sua storia di modella per Alberto Giacometti. Leggendolo se ne capisce la ragione profonda: Paola Caróla vuole riscattare la figura di Annette, la moglie di Giacometti violentemente attaccata nella biografia di John Lord (un attacco che scandalizzò gli amici di Giacometti che avevano fatto un’inserzione sulla London Review of the books per difendere Annette. Tra le firme c’era anche Bacon). Paola Caróla posò alla fine degli anni 50, per un solo busto. Ma l’amicizia con i coniugi Giacometti si protrasse per molto tempo sino alle rispettive morti. Era una di casa: sono belle le descrizione dello studio a cui faceva da contrasto la stanza al piano di sopra, tenuta spartanamente linda da Annette: un quadro con le mele al muro, un letto un tavoilo sempre con fiori freschi al centro. È una stanza che rendeva Giacometti allegro. A volte si metteva a saltellare come un clown, a volte si concedeva complimenti molto canzonatori. La storia tra lui e Annette era una storia che reggeva anche ai tradimenti reciproci. «In fondo tra tutti i nostri amici siamo ancora la coppia che si intende meglio», aveva detto davanti a Martine Neeser, cugina di Annette. Scrive la Caróla: «A mio avviso la scultura era una sorta di intermediario tra marito e moglie, e allo stesso tempo oggetto di unione e diversità. Esprimeva la forza della loro reciproca appartenenza».
Quanto all’allegria, che per la Caróla era una componente strutturale di Giacometti, «nasceva dal concreto, da una limpidità di pensiero, da un discorso essenziale e diretto». E ancora: «Mi è successo di pensare che le sue sculture potessero essere ugualmente considerate come espressioni della soluzione al problema della solitudine, e dal vuoto che creano intorno a esse, cioé a partire dallo spazio che le determina, si stabilisce un legame con tutto ciò da cui esse sono separate».
(ho sempre pensato che fosse un amore e non un’ansia quello che muoveva Giacometti e che lo ha fatto smarcare dall’esistenzialismo in cui pure era immerso).
Nella foto: un abbraccio appassionato di Alberto ad Annette, a Stampa. Sotto, Paola Caróla con il busto di Giacometti.
Dice Giuseppe: “(ho sempre pensato che fosse un amore e non un’ansia quello che muoveva Giacometti e che lo ha fatto smarcare dall’esistenzialismo in cui pure era immerso).”
Tengo in meditazione questi due termini: amore e ansia come motore. Passo in rapida carrellata mentale gli artisti più ansiosi antichi e moderni (penso a Pontormo): eppure anche nei più ansiosi c’è amore. L’ansia per certi versi nutre l’autocompiacimento (mortifero per l’arte), ma alla fine lo vanifica. L’amore tiene sulla via, salva dal ripiegamento (mortifero per la vita).
ecc.
Giacometti visibilmente, amoroso, in modo fervente.
paola
13 Lug 11 at 10:18 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Il 31 maggio 2012 è morta la dott.ssa Paola Caròla, allieva di J. Lacan, che ha diffuso il suo insegnamento a Napoli. Nell’articolo il suo cognome è stato più volte sbagliato, trasformandolo in un piatto della cucina napoletana, di cui lei per tradizione è stata una grande estimatrice. In ricordo della “mia” analista, che ha saputo ascoltarmi a lungo. RA
Rossella
2 Giu 12 at 4:27 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>