Intervistata da Vita la direttrice del Museo del Novecento, Marina Pugliese, risponde alle ossrvezioni avanzate da Arbasino, riguardo le mancanze della raccolta. Sulle fotografie, da Mulas in su, e su Testori spiega che nelle raccolte comunale non c’era niente. Su Testori in realtà non è così, perché tre suoi quadri della metà degli anni 40, sono nella Raccolta Boschi Di Stefano, che nel 1973 è stata donata al Comune e da cui per fare il Museo del Novecento sono stati prelevatii tantissimi quadri (i Fontana, i Manzoni, i Morandi, per esempio). Nel completissimo Archivio Testori curato da Camilla Mastrota, si possono vedere le tre opere, del periodo picassiano, fatte da un Testori poco più che ventenne (qui a sinistra, La bella giardiniera, 1946; le altre due, qui e qui). Certo non sono i grandi “disegni” della metà degli anni 70 che Arbasino, con l’intellogenza co che contraddistingue sempre i suoi giudizi, avrebbe voluto vedere esposti e che rappresentano una delle punte del Testori pittore. Ma la brava direttrice può comunque contare su tre opere testoriane. Chissà mai…
Sempre sul museo del Novecento: il nesso più bello è sorprendente è quello che lega Boccioni a Fontana. Un mood che attraversa il secolo all’insegna di una concezione spaziale del prodotto artistico. È un’intuizione tutta milanese, molto pragmatica, per nulla intellettualistica: quasi una volontà che l’opera venga partecipata di più, uscendo dai suoi confini. È sperimentalismo che non si chiude nel suo guscio, ma si apre a una fruizione ancora più ampia. La concezione spaziale apre spazi…
(Per questo la fotografia, dopo Fontana, ci sarebbe stata benissimo: documentazione nuova e fedele di luoghi e di spazi, con una disciplina visiva tutta milanese, da Mulas a Basilico).