Ho scritto per gli amici di 30Giorni un ragionamento sulla mostra di Van Gogh a Roma. Mostra non banale, per quanto macchiata dai dubbi sull’autenticità di uno dei quadri esposti. La mostra nel titolo annuncia una riflessione sulla visione che Van Gogh aveva del paesaggio attorno a sé. Una chiave interssante, perché ci porta dentro quella straordinaria capaxità di dilatazione dello sguardo e dell’orizzonte che Van Gogh avea come connaturato. Il mondo sembra allargarsi sulla sua tela, divaricarsi come se ogni volta si trattasse di un parto. Il disegno (un vero capolavoro) che vedete qui sopra, datato 1884, è emblematico di quello che tento di dire. C’è una visione come miniaturizzata, che però corre a dilatarsi, che prende un respiro immenso. L’attenzione al filo d’erba, è tutt’uno con l’attrazione ansiosa, direi spasmodica verso un illimite. È in questa spola dal dettaglio all’infinito, che si scatena l’energia della pittura di Van Gogh.