Mi ha commosso vedere spuntare sull’invito di una mostra che si terrà alla Pinacoteca provinciale di Bari il volto di questo San Pietro Martire di Bellini. La mostra viene organizzata in occasione del restauro della tavola. Dobbiamo immaginarla nelle sue dimensioni ragguardevoli: 194 x 84 cm. Non era la prima volta che Bellini affrontava san Pietro Martire: lo aveva fatto in quel “verde” capolavoro con la rappresentazione della scena del martirio, oggi conservato al Courtauld Institute di Londra. Intorno al 1487 questa tavola di Bari, anche firmata “Ioannes Bellinus”, venne imbarcata da Venezia e raggiunse le coste pugliesi per arrivare alla sua meta, la chiesa di San Domenico a Monopoli (Pietro Martire era santo domenicano). Oggi “riappare”, con questo suo volto di un patetismo solenne, con questa dolcezza potente negli occhi. Come disse Longhi: «Una calma che spazia tra i sentimenti eterni dell’uomo: cara bellezza, venerata religione, eterno spirito, vivo senso».
La mostra apre l’11 ottobre, con tanto di catalogo per illustrare il restauro e di convegno con intervento di Carlo Bertelli, su «Giovanni Bellini dalla laguna all’Adriatico».
La mostra romana di Bellini oggi è oggetto di una bella recensione di Maurizio Cecchetti su Avvenire. Ancora una volta Mauro Lucco, che avvea già curato la mostra su Antonello sempre alle Scuderie del Quirinale, usa dell’occasione per attaccare la lettura di Longhi («L’argomentazione del Lucco è serrata, si abbandona in certi momenti a una prosa sarcastica e stucchevole»). Ancora una volta nel mirino è la centralità di Piero della Francesca, affermata da Longhi e già spiegata da Ferdinando Bologna. Scrive Cecchetti: «Ferdinando Bologna dava di ciò una spiegazione apparentemente logica, ma certo non meno ipotetica della stessa forza argomentativa della prosa longhiana: “Il problema dell’orma di Piero non è già di natura appunto morfologica e grammaticale, bensì di ordine sintattico e strutturale” . È come sostenere che Piero rivive in Bellini per un transfert che si palesa nella mente dello spettatore quasi per telepatia. Va invece colta la pregnanza del discorso longhiano, considerandone le forzature di taglio ideologico- critico, come quando per vedere in profondità occorre sfocare il particolare in primo piano».