Il Guardian, nella sua sezione Art, affida ad Adrian Serle un primo bilancio dei dieci anni che ci stiamo per lasciare alle spalle. DÈ un bilancio molto ossequioso verso i valori consacrati dal mercato e dalla grande macchina del sistema artistico. Quindi sostanzialemnete con poche sorprese. Del resto l’articolo sottolinea come il 2000 sia stato l’anno dell’inaugurazione della Tate Modern, che ha fatto di Londra il nuovo baricentro dell’arte mondiale. Non è un caso che l’articolo sia corredato con l’immagine dell’impressionante installazione di Olafur Eliasson alla Turbin Hall della Tate: una colossale installazione in trionfante stile new age. Più saggiamente tra le opere del decennio viene eletto un quadro unico di Gerhard Richter, dedicato all’11 settembre, ma realizzato nel 2005: le due torri in una visione tragica ma insieme redentiva. Non una semplice calligrafica sismografia del dramma, ma un tentativo di balzarci fuori, di cercare orizzonti di gloria. Forse Tiepolo avrebbe fatto un quadro così…
Infine, Serle dice che il più bel video del decennio è quello visto al Couvent des Cordeliers a Parigi. L’autore è albanese, Anri Sala. Il titolo: Entre Chien et Loup. Dalla descrizione sembra di rivedere Roma di Fellini girato a Tirana. Chissà…
continuo a guardare il quadro di Richter (è il quadro di Richter quello riprodotto?). Bello è bello. Bellissimo. Richter sempre ineccepibile. Troppo. Cade la mano e la lingua a chi eccepisce RIchter.
Eppure non mi convince.
Richter mi sembra ancora più mago di Leonardo. Taumaturgo e mago.
Credevo che un grande pittore fosse uno che si pone nudo davanti al mistero. Apre la porta e si fa trapassare. Uno che si offre come esca al mistero.
Ricther elegante. Paludato nella sua esibita ‘minimalità’.
(Certo meno ingenuo di Hopper che il mistero lo racconta con infantile compiacimento)
paola marzoli
15 Dic 09 at 11:02 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Innanzitutto, il quadro è naturalemente di Richter, ed è quello di cui parlo dedicato alle due torri. In quel che dici riconosco spunti giusti. Richter si porta dentro un eclettismo che è di tanta arte contemporanea, dove non si capisce mai se prevale la volontà di non voler essere di nessuna scuola corrente (e quindi di rimescolare programmaticamente i generi) o di voler essere qulacosa d’altro, di nuovo che è oltre i vecchi generi. Ci vuole più storia per rispodnere a domande come queste. Comuqnue, dovessi dire la mia, in Richter vedo del calcolo, che è anche il calcolo dell’artigiano che non vuole farsi scappare di mano le cose. Che tiene sotto controllo tutto, nelle sue varianti e apparenti opposizioni. In questo gioca trasperente e dichiara apertamente di non volersi metter a nudo. Dentro questo orizzonte paludato, è uno che ha il grande pregio di mettere ordine, di conciliare antico e nuovo, di ricomporre una sintassi impazzita. Ma certo, non è uno che si perda…
giuseppefrangi
16 Dic 09 at 12:00 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>