San Marco si propaga come un’onda nel suo sestiere. Prima san Zaccaria, con la facciata che Codussi addolcisce a più non posso con linee curve, archi, archetti, bifore, colonnine, rosoni ciechi. S’intuisce che dal punto genetico di San Marco agli architetti resti addosso un’idiosincrasia per spigoli e linee a punta. All’interno, Codussi dà grande respiro alla struttura tardogotica, alzando arconi e impostando la volta: ma c’è sempre un senso di felice arbitrarietà nei rapporti e nelle proporzioni. Poi San Giovanni in Bragora (il testimone passa dal padre, Zaccaria, al figlio, il Battista…). La facciata è in cotto, ma anche qui i profili sono tutti addolciti e arrotondati: dentro si spalanca il grande Battesimo di Cima, terso sino a sfiorare una santa ingenuità. Poi c’è Santa Maria dei Miracoli: che vorrebbe avere l’energia del vero e proprio scrigno, incastonato nel tessuto urbano del sestiere. I muri esterni sono un susseguirsi ininterrotto di specchiature di marmo che vorrebbero richiamare un gusto fiorentino, ma franano nelle irregolarità e nelle continue eccezioni alle regole. All’interno (che sembra una scatolaliscioa di quelle fatte con il Lego) gli archetti in alto se ne va per conto loro senza tenere in nessun conto le misure dei rettangoli di marmo delle pareti. Gli anni più o meno sono sempre gli stessi, ultimi del 400 e inizio 500: si vede che Venezia galleggia su trend volutamente defilati e gli architetti lasciano ai pittori il compito di affondare i colpi (Bellini lo fa con magistrale dolcezza: a San Zaccaria, la rotondità dell’abside dorata sullo sfondo si dilata in un respiro che Codussi purtroppo non conosce).
Un sussulto c’è a san Zanipolo, dove si prospetta la meravigliosa e fiabesca facciata della scuola grande di San Marco. Anche qui è un aggregato di elementi, un sovrapporsi e affastellarsi di idee che si sciolgono in una armonia a tratti bizzarra. Tra le idee c’è quella straordinaria dei due leoni che s’affacciano docili e sornioni in un sofisticato altorilievo, da un portale in trompe l’oeil, tutto incastonato di pietre. Il glorioso leone sembra in pausa. Resta il padrone di casa ma non ha nessuna voglia di graffiare. I due mettono fuori il muso per vedere che succede in piazza, come fanno i re nei giorni di riposo. Certo la trovata è strabiliante. Ed è strabiliante che sia lì a portata di mano… Ultima tappa san Giovanni Crisostomo, affondata tra la folla dei turisti. L’ultimo Codussi che accoglie l’ultimo Bellini (1513). Sono stanchi entrambi. Sull’altare principale si fa vivo il giovane Sebastiano del Piombo: uno che è già pronto a partire e a lasciare quel tran tran veneziano.
(morale: l’architettura a Venezia vive di sincretismi. Se da fuori non arrivano schegge di altri mondi e altre civiltà è come se venisse a mancare la linfa)
2. Fine