Festa del Sacro Cuore di Gesù. Una festa d’altri tempi (forse), in realtà è una festa che (perdonate l’impertinenza, ma è per farmi capire) precorre la body art. Il cuore non è affatto metafora, è cuore di carne a tutti gli effetti. È richiamo persino brutale alla fisicità di Cristo. Non è un caso che la prima immagine del Sacro Cuore venne dipinta da Pompeo Batoni per la chiesa del Gesù di Roma su supporto di rame, perché fosse più agevole da rimuovere nel caso fossero arrivate reprimende ecclesiali. Era culto e immagine borderline, che poi ha conquistato come pochi altri un successo a livello di fede popolare oltre che tutti i crismi dell’ortodossia. Nella rappresentazione il Sacro Cuore appare sempre infiammato: infiammato perché destinato a infiammare il cuore di se ne lascia “toccare”. Ma non solo. Un contagio che toccò anche Lucio Fontana alle prese con questo soggetto per una grande ceramica oggi su un altare della chiesa di San Fedele di Milano. Mi ha sempre colpito quella grande pala dei nostri giorni, con la visione di Santa Margherita Alacoque (1673) da cui è nata la venerazione del Sacro Cuore. È ceramica infiammata da quell’impeto ingenuo e insieme geniale che caratterizza il Fontana scultore. Ci sono due particolari della storia di Santa Margherita che mi hanno sempre colpito. Il primo è che apparendo, Gesù aveva invitato la ragazza a riposare posando la sua testa sul suo petto; la seconda che il cuore che Gesù mostra è il suo ma è anche quello di Margherita: «Chiestole quindi il cuore… glielo restituì infuocato del medesimo incendio e per tutta la vita arse di quel fuoco…». Di chi è allora il cuore nelle mani di Gesù?