Non perdetevi la mostra su Pasolini a Casa Testori (dura sino al 1 luglio) (qui orari di apertura). Alla penultima sala, quella dedicata al ciclo dei disegni con i ritratti di Roberto Longhi si capisce qualcosa di importante circa Pasolini. Innanzitutto il ciclo è bellissimo, con quella sequenza seriale di fogli grandi, tutti della stessa dimensione e tutti lavorati sulla stessa immagine di Longhi, preso di profilo. Ogni foglio (sono 13 quelli in mostra sui 15 complessivi di cui è composto il ciclo) è lavorato con un tecnica diversa dall’altro, sino a quel foglio semi invisibile realizzato con un gessetto bianco. Quattro disegni sono datati 1974, i restanti 1975: di questa seconda fase ci resta anche la documentazione fotografica di Roberto Pedriali. Si vede Pasolini nel suo rifugio di Chia, accovacciato per terra. lavorare concentratissimo e in solitudine sui fogli sparsi per il pavimento. Mi sono chiesto a quale bisogno rispondesse la decisione di questo confronto così serrato con il volto del suo maestro, scomparso cinque anni prima. Il pretesto era certo la pubblicazione della raccolta di testi longhiani nei Meridiani, sulla cui custodia compariva proprio un Longhi di profilo. Ma sono i mesi di Salò e del cantiere di Petrolio, sono mesi su cui incombono tante visioni da incubo; mesi, visti a posteriori, precipitosamente terminali. Perché tornare così insistentemente a Longhi in un clima così? Non credo ci siano risposte, ma la recensione “innamorata” che Pasolini un anno prima aveva fatto del volume dei Meridiani sul settimanale Tempo qualche indizio lo fornisce. «Se penso alla piccola aula (con banchi molto alti e uno schermo dietro la cattedra) in cui nel 1938-39 (o 1939-40?) ho seguito i corsi bolognesi di Roberto Longhi, mi sembra di pensare a un’isola deserta, nel cuore di una notte senza più luce. E anche Longhi che veniva e parlava su quella cattedra, e poi se ne andava, ha l’irrealtà di un’apparizione. Era, infatti, un’apparizione… Il rapporto ontologico e negato assolutamente a ogni precisazione pratica. Forse anche per questo tutto ciò appartiene a un altro mondo». Pasolini poi conclude così il ricordo di quell’esperienza: «Allora, in quell’inverno bolognese di guerra, egli è stato semplicemente la Rivelazione». (I corsivi nella citazione sono corsivi di Longhi)
Senza avere la pretesa di una spiegazione pedissequa, questa pagina in qualche modo conferma come non sia affatto casuale che Pasolini in quell’estate feroce del 1975 cercasse una nuova “apparizione” del suo maestro. E spiega anche le vibrazioni che si avvertono entrando in questa indeminticabile sala a Casa Testori.
Ps: per capire il risvolto concreto della “Rivelazione” di cui parla Pasolini, ecco queste sue altre righe, dalla stessa recensione: «Il corso era quello memorabile sui Fatti di Masolini e di Masaccio… Sullo schermo venivano infatti proiettate delle diapositive, i totali e i dettagli dei lavori, coevi ed eseguiti nello stesso luogo, di Masolino e di Masaccio. Il cinema agiva, sia pur in quanto mera proiezione di fotografie. E agiva nel senso che una “inquadratura” rappresentante un campione del mondo masoliniano – in quella continuità che è appunto tipica del cinema – si “opponeva” drammaticamente a una “inquadratura” rappresentante a sua volta un campione del mondo masaccesco… il frammento di un mondo formale si opponeva quindi fisicamente, materialmente al frammento di un altro mondo formale»
Su Longhi avevo riportato anche questo pensiero di PPP