«In qualunque posto dove ancora questa immagine potrà essere collocata là essa avrà già perduto il suo luogo. Le resta preclusa l’ostensione della sua essenza in maniera inaugurale, vale a dire la determinazione di questo stesso luogo. L’immagine, trasformata nella propria essenza in quanto opera d’arte, si smarrisce nell’estraneo. All’interno della rappresentazione museale, che conserva la sua propria necessità storica e il suo diritto, tale estraneità resta sconosciuta». Il brano è tratto da un articolo scritto da Martin Heidegger nel 1955 ed è riferito ad uno dei quadri più famosi e più commentati della storia: la Madonna Sistina di Raffaello, conservata al museo di Dresda ma realizzata per conto di papa Giulio II per la chiesa del convento di San Sisto a Piacenza.
L’articolo di Heidegger è stato appena ripubblicato in un libro miscellanea Dell’esperienza del pensiero, appena pubblicato da Il melangolo ed è lì che lo incrociato. Il filosofo introduce un ragionamento sofisticato (speculazioni le definisce) per dimostrare come il soggetto del quadro dove la Madonna con il Bambino avanza come entrando da una grande finestra, avesse bisogno della sua collocazione per essere compreso completamente nel suo significato e anche nella sua dimensione estetica. Era infatti porpbabilmente appeso all’abside della Chiesa, fungendo quindi anche da finestra virtuale. Scrive Heidegger: «La Sistina dovrebbe stare in una particolare chiesa di Piacenza non in senso storico-antiquario ma secondo la sua essenza di immagine. In conformità a questa, l’immagine sempre esigerà di essere in quel luogo».
Sarà anche una speculazione, ma Heidegger tocca una questione che dovrebbe indurre tutti ad allargare lo sguardo. Con una certa radicalità il filosofo pensa che «la rappresentazione museale livelli ogni cosa nella uniformità dell’esposizione (Ausstellung). In questa non c’è alcun luogo ma solo posti».
È un’affermazione che va rigirata in stimolo positivo: non “chiudere” lo sguardo sull’opera che abbiamo davanti, ma cercare di collocarla, con l’immaginazione, nel contesto per la quale un artista l’aveva pensata. Non è esercizio semplice, ma intanto è importante rendersi conto che se manca quel dato ci manca qualcosa dell’opera. Per capirci, fate un esercizio alla rovescia. Provate a immaginare un capolavoro come l’Assunta di Tiziano fuori dallo spazio dei Frari: quanto ne verrebbe penalizzata nell’energia e in quella dimensione di vastità. Heidegger ha messo un granello di inquietudine nel nostro sguardo di insaziabili frequentatori di musei…
La Madonna Sistina ha esercitato da sempre una attrattiva incredibile sugli scrittori russi. Tranne Tolstoj tutti la veneravano. Dostoevskij ne inserì un riferimento nei Demoni, Bulgakov ne parla in più occasione. Ma le cose più belle sono quelle scritte da Vassilj Grossman. Ne avevo parlato un anno fa.