Robe da chiodi

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Macugnaga in gloria

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Ogni volta che mi capita di metter piede nella Parrocchiale di Macugnaga, paese alle pendici del Rosa, con qualche centinaio di abitanti, mi viene lo stesso pensiero: perché mai la gente di qui trecento anni fa ha sentito il bisogno di fare una chiesa così maestosa? E dove ha scovato le risorse per tirarla in piedi? Facendo un mero discorso economico, si può pensare che il budget di questa Parrocchiale fosse più o meno pari al pil prodotto dal villaggio. Perché mettere tutte le proprie ricchezze in un bene collettivo ma non destinato a scopo utilitaristico? E che fatica avranno fatto a protar su da fondovalle quelle colonne torrili di marmo nero per gli altari di fondo? E come avranno retto le impalcature alzate ai 20 e passa metri della volta nell’inverno non certo tenero di Macugnaga? E non c’era neppure l’ambizione di apparire, di far girare per le valli e le contrade il nome del paese capace di una simile impresa. C’era un qualcos’altro che oggi sfugge, o quanto meno che ci è radicalmente estraneo. Un qualcosa che ha a che vedere con l’idea che si ha del nostro destino, io penso. Ma ogni cvolta che il 31 dicembre, dopo la messa della sera, sotto quelle volte ascolto il Te Deum di ringraziamento in latino, mi sembra di percepire il senso ultimo di tutto questo. Un qualcosa che ha che fare con la gratitudine e con la gloria.

Comunque la Parrocchiale di Santa Maria Assunta venne iniziata a Macugnaga nel 1709, conclusa una decina di anni dopo. Ha una grande abside e una navata unica con sei cappelle laterali. Venne costruita pur in presenza di un’altra bellissima chiesa, bassa e montana, di origini trecentesche, tutt’ora esistente. Tra le cose belle, c’è l’aquila-basilisco dell’Apocalisse, che regge il pulpito e che accese la fantasia e il cuore di Giovanni Testori.
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Written by giuseppefrangi

Gennaio 10th, 2009 at 3:09 pm