Sentite questa. Un mio caro amico si reca a vedere la mostra di Monet a Milano e resta un po’ stranito davanti a un’opera di Hokusai, Cardellino e ciliegio-piangente, xilografia policroma del 1834. Gli sembra che non sia appeso nel senso giusto perché il cardellino è in equilibrio precario, non si capisce come possa stare in quel modo sul ramo («sembra un acrobata in bilico su un filo; ma cardellino mica fa l’equilibrista»). Incuriosito va a sfogliare il catalogo e vede che in effetti è riprodotta come a lui sembra più naturale. Decide di togliersi una soddisfazione e chiede alla custode di quella sala se nessuno ha notato niente di strano in quell’opera di Hokusai. Lei risponde che in effetti è vero ma che mancano pochi giorni alla chiusura e quindi raddrizzarlo adesso suonerebbe un po’ come una beffa. E aggiunge: « Se è per questo, avevano anche appeso al contrario un grande quadro di Monet quello con le nuvole che si riflettono nell’acqua sotto le ninfee. Avevano messo l’acqua al di sopra, pensando che fosse il cielo. Per fortuna se ne sono accorti subito».
Morale: il cardellino è nato così, appeso al niente, proprio dalla fantasia di Hokusai. Nel catalogo è stato riprodotto rovesciato (sciatterie a cui siamo purtroppo allenati). Il mio amico si è divertito e ha capito che l’occhio giapponese guarda al mondo con coordinate diverse dalle nostre. La custode si è tolta una piccola soddisfazione. Io forse ho capito che questo occhio galleggiante sulle cose è l’aspetto di Hokusai che più può aver interessato Monet.
(Purtroppo nella breve indagine ho scoperto anche una cosa orrenda: l’home page del sito della mostra ha un effetto che con il mouse fa agitare l’acqua delle Ninfee, e le fa sembrare tutte di gelatina. Non c’è limite al peggio).