Dice Gabriele Basilico in una bella intervista di presentazione della nuova mostra dedicata alle fotografie su Istanbul, aperta a Milano alle Stelline. Che cos’è una città? «Un’entità organica in movimento. Una dilatazione del nostro corpo. Qui sta il problema di Milano: come ha scritto Carlo Guglielmi, presidente di Fontana Arte, Milano è una città che non è più amata. Essere amata vuol dire prendersene cura, invece è come se il nostro corpo non ci appartenesse più, fosse un’intrusione».
Questa visione della città mi ha fatto venire alla mente un episodio che mi avevano raccontato alcuni amici, laureati in architettura. Quando erano studenti, negli anni 70, avevano chiesto a Giovanni Michelucci, il grande architetto fiorentino che aveva realizzato tra l’altro la Stazione di Santa Maria Novella, di guidarli in una visita di Siena. Michelucci accettò. Quando i ragazzi arrivarono a piazza del Campo, invece di iniziare con le spiegazioni disse loro di vivere la piazza per un’ora come meglio credevano, giocando o anche sdraiandosi sul selciato. Finita l’ora li radunò e senza aggiungere parole li accompagnò a vedere la maestà di Duccio. Anche qui nessuna parola, ma una sola raccomandazione: guardatela, fissate bene l’oro della Maestà. Alla fine disse: «Ecco, adesso conoscete Siena».
Mi piacciono queste due posizioni. Perché ci dicono che tutti gli infiniti discorsi sulle città, belle o brutte che siano, non considerano il presupposto essenziale che le città sono prolungamenti del nostro corpo. Comunque sia non ci sono estranee. Non prendetela per una bella idea morale. Questa è un’idea del tutto architettonica.