È l’Annunciazione di Beato Angelico, quella di Cortona, forse la più famosa tra le 18 da lui dipinte, a inaugurare il percorso dell’Anno della Fede predisposto dal Vaticano. Mi piace ricordare quel che su Beato Angelico scriveva nel 1970 Elsa Morante. Per lei quell’Annunciazione era uno dei quadri più belli del mondo. Ma il suo era uno sguardo non semplificatore, che quindi non nascondeva le distanze.
«La povera mia (nostra) lingua materna è cresciuta nella fabbrica deformante delle città degradate, fra le lotte evasive dei meccanismi schiavistici, e le ripugnanti, continue tentazioni della bruttezza. (…) E forzata, fino dall’infanzia, a frequentare i gerghi obbligatorii dell’irrealtà collettiva, s’è ridotta a riinventare un proprio lessico, scavandolo, magari, da qualche vocabolario esotico, indecifrabile per i suoi contemporanei: e rifornendo il proprio tesoro magari dai loro rifiuti, piuttosto che dalle loro botteghe. Come potrà, dunque, una nel mio-nostro stato, non dico capire, ma perdonare quella lingua beata e angelica?»