Robe da chiodi

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Un pomeriggio con Matisse

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C’è voglia di capire e di scoprire. Il workshop dedicato all’ultimo Matisse proposto sabato 22 a Casa Testori è funzionato per un doppio motivo: perché il contenuto degli interventi è stato alto e non scontato; in secondo luogo, perché la sala era piena, e questa non è affatto una cosa scontata, in un sabato pomeriggio di primavera e con anche una quota prevista per partecipare.
Quindi innazitutto un grazie a tutti quelli che hanno reso possibile da una parte e dall’altra del tavolo la realizzaione di questo workshop.
Sintetizzo per chi non c’era alcuni dei temi emersi. Ha inziato il pomeriggio Davide Dall’Ombra, facendo riscoprire quel contatto tra Matisse e il giovane Testori. Era il 1943 e l’allora ventenne Testori curò un libro sui disegni di Matisse. Un libro anticipatore perché era il secondo uscito in Italia dedicato al maestro francese, e poi perché metteva subtio a tema la centralità del disegno nel percorso di Matisse. Da segnarsi anche i titoli di alcuni interventi di T. sul Corriere e sul Sabato, negli anni 80: “Il re della luce”; “Matisse una croce in Paradiso”.
Sono titoli che hanno dato lo spunto a Marco Meneguzzo per supportare il suo ragionamento affascinante in cui ha cercato di cogliere quella sottile eterogeneità di Matisse rispetto alle grandi famiglie dell’arte del 900. Un punto chiave, perché questa etereogenità è la componente che permette a Matisse di essere così straordinariamente libero rispetto ai passaggi obbligati della storia dell’arte novecentesca. Composizione e decorazione sono due categorie in cui questa libertà si gioca, senza nessuno timore di veder ridimensionato l’esito finale. Matisse, ha spiegato Meneguzzo, è un artista imprendibile se osservato con categorie scolastiche; è uno assolutamente moderno, ma non “collocabile” in nessuna famiglia della modernità. Inevitabile l’aggancio con quei titoli testoriani: è uno che ha avuto la grazia di vedere la pace dopo il dramma, come dimostrano i suoi crocifissi.
Terzo passaggio del pomeriggio, una conversazione con Basilio Rodella sulla campagna fotografica realizzata per il libro sulla cappella di Vence appena pubblicato da Jaca Book. Una campagna che esalta lo spazio come un tutt’uno, realizzata senza il ricorso a luci aritificiali, per cui la luce, voluta da Matisse, quella filtrata dalle straordinarie vetrate che cambia in ogni istante, torna a riempire di sè lo spazio, a far vibrare le piastrelle bianche dei tre grandi riquadri disegnati da Matisse. «Voglio rendere evidente agli altri l’intenerimento del mio cuore», aveva scritto Matisse alla neo suora Jacques-Marie nel 1945. Non c’è didascalia migliore per il “fiore” di Vence (“fleur” lo definiva Matisse, sapendo che in francese anche “fleurt” ha lo stesso suono). Il grande pittore innamorato, forse di una ragazza diventata suora, della natura, del mondo, di Dio… (la foto sopra fa parte del libro: è la stupenda porta del confessionale, in legno intagliato a giorno)
Ha chiuso il pomeriggio la bellissima e sorprendente carrellata di Marco Casentini che ha dimostrato quanto Matisse abbia contaminato l’arte contemporanea. Siamo tutti figli della Finestra a Cailloure (1918) o della grande Danza dipinta per la Barnes collection di Filadelfia, ha dimostrato Casentino, mostrando anche alla fine anche suoi ultimi lavori. Linee continue, colori piatti, figure interrotte, forme concrete e astratte insieme: nessuno come Matisse ha aperto (o reso liberi) tanti orizzonti.
Ma il viaggio continua: prossimo appuntamento il 12 aprile per vedere insieme la mostra di Ferrara.

Written by gfrangi

Marzo 24th, 2014 at 1:13 pm