Dall’articolo di Barbara Briganti, su Repubblica, dedicato allo studio di Francis Bacon, 7 di Reece Mews (oggi ricostruito e conservato al Museo di Dublino):
«Delle sue tendenze omosessuali e sadomasochistiche non fece mai mistero. Del suo strano e anticonvenzionale narcisismo neppure. Sotto i pantaloni strettissimi ed il sempiterno giubbotto di cuoio nero, cimelio giunto a Dublino insieme al materiale dello studio, indossava a quanto pare calze a rete e biancheria femminile. Il volto, forse liftato, era pesantemente imbellettato, i capelli tinti con il lucido da scarpe e i denti, sempre secondo la leggenda accuratamente coltivata dell’ artista maledetto e fuori da ogni schema, lavati col vim. Questa era la mitologia, meticolosamente costruita, che aureolava Francis Bacon. Ne facevano parte l’aneddotica sul suo passato, gli amori tragici, le frequentazioni losche e le infinite provocazioni. Da questo punto di vista lo studio di Reece Mews, così come la Conversazione con Bacon, pubblicata da chi ha avuto la fortuna di poterla documentare, sono profondamente rivelatori della vera essenza del suo operato. O forse no».
Qui era lo studio di Bacon a Londra (A).