Il quadro è poco più grande di una cartolina: una tavoletta verticale con la Madonna con il Bambino in uno scenario impreziosito da dettagli dipinti con cura infinitesimale. È la Madonna della fontana di Jan Van Eyck. Ho avuto modo di vederla in occasione di una piccola, interessante mostra al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Questo piccola tavola è conservata ad Anversa, e a Vienna è arrivata per via della scritta dipinta sulla cornice (messa in parallelo con quella che si trova in un’altra opera, nelle raccolte del KHM): l’artista ha messo non solo la sua firma e la data (1439) ma anche il suo motto in false lettere greche di cui è stato decifrato il significato. “ALS IXH CAN” è la scritta (qui riportata in lettere latine), che in olandese si scioglie secondo tre possibilità: “come io posso”; “come meglio posso”; “il meglio che posso, ma non come vorrei”. Pensare che un artista possa dipingere meglio di così un quadro come questo sembra davvero impossibile. Basta guardare solo il dettaglio di grande tenerezza del Bambino, con il suo corpo minutissimo che si inerpica sul collo di Maria, quasi a trovare protezione nell’incavo del suo collo. Una Maria semplice ma di dignità regale che ha lo sguardo abbassato, tutto per lui. È un’immagine preziosa e insieme di grande intensità affettiva; perfetta verrebbe da dire, non solo per la qualità ma in particolare per la chiarezza con cui ci parla. Eppure quel grande artista che l’ha dipinta con pennelli ultrafini, di sé dice cha ha fatto quel che ha potuto; che avrebbe voluto fare di meglio. Deve far riflettere il fatto che dopo aver realizzato un’opera come questa Jan Van Eyck abbia dovuto rendere pubblica la propria inadeguatezza. Che non è evidentemente tecnica, che non riguarda la sua abilità davvero insuperabile, ma che probabilmente tocca proprio il soggetto. Come ci dicesse: “Ho provato ad esprimere l’intensità d’affetto e di destino che lega Maria al Bambino, ma ne ho restituita solo un’ombra…”. Un’ammissione che ci dice come la coscienza del proprio limite sia connaturata alla natura di chi è un grande artista (a dispetto della retorica che li spaccia per onnipotenti). In secondo luogo fa capire che un’opera come questa trova il compimento con lo sguardo che vi si poserà sopra, cioè il nostro e con la semplice, sincera devozione che metterà in atto.