Robe da chiodi

Borinage, 1880. Quel primo passo di Van Gogh nella pittura

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Venerdì scorso presentazione del libro di Mariella Guzzoni su Van Gogh con Rocco Ronchi, alla Biblioteca Sormani. Personalmente ho insistito su quel punto chiave della storia di VG che è il momento in cui decide di immaginarsi pittore. È il 1879, quando racconta al fratello dell’incontro con il reverendo Pieterszen, che lo aveva spinto a continuare sulla strada dei disegni realizzati in quei mesi nel Borinage. Scrive nella lettera: «Spesso sto a disegnare sino a tarda notte per fissare qualche ricordo e per rafforzare i pensieri che mi arrivano in mente da soli nel vedere le cose». Rafforzare i pensieri: è un’indicazione chiara quella di Van Gogh. La pittura è uno strumento per meglio vedere, che significa rafforzare la presa di pensiero sulla realtà. L’anno dopo il 24 giugno 1880, scrive un’altra lettera, la prima in francese, di una lucidità ancora più decisiva: «J’ai preferé une mélancholie active qui aspire, qui espère et qui cherche à celle qui morne et stagnante désespère». la malinconia che che spera, che aspira e che cerca: “Ora sono in cammino” scrive non a caso nel settembre di quell’anno, poco prima di lasciare il Borinage e andare a Bruxelles per un corso di pittura.
Si capisce qual è la necessità di essere pittore, che va oltre la rappresentazione dei soggetti, ma come ha detto bene Ronchi, riguarda l’apparire dei soggetti. La pittura di VG è una pittura dell’apparire, non di ciò che è già apparso. O meglio la sua pittura porta in superficie l’apparire di ciò che è già apparso. Quella condizione che è slegata alla contingenza e che trova una chiave sintetica in un’altra parola suggerita da Van Gogh in una sua lettera del 1883: «sarò pittore, uomo o cane, enfin un uomo con sensibilità». La pittura di Van Gogh parla una lingua che alla fine va oltre se stessa, si libera da se stessa, perché si trasfigura in sensibilità. Una sensibilità più larga, un’aura, un accensione. Anche Testori nella introduzione al volumetto con tutte le opere di VG di Sansoni, scrive che VG rappresenta l’atto finale della pittura. Per questo pensare che l’espressionismo sia quel che da Van Gogh discende è assolutamente fuorviante. Piuttosto ci vedo Klein e la sua folle idea di vendere sensibilità artistica. (Tutti ragionamenti possibili grazie agli spunti che un buon libro garantisce. E quello di Mariella Guzzoni è appunto un buon libro) .

Written by gfrangi

Febbraio 8th, 2015 at 6:55 pm

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