Mercoledì 7 siamo a Perugia. Temperatura oscillante tra i 38 e i 40 gradi.
La mattinata è per la Galleria Nazionale: è un godere vedere un museo tenuto così bene, con un allestimento ben pausato che sa sfrutta al meglio i meravigliosi ambienti in cui è ospitato. Il Palazzo dei Priori è un capolavoro in cui si respira quella misteriosa e meravigliosa transizione che fa uscire l’Italia dal gotico e la consegna al primo Rinascimento. Unico neo della Galleria sono le didascalie, in corpo davvero troppo piccolo. In compenso le schedone che accompagnano le sale, spiegando volta per volta il senso, sono molto ben fatte e meriterebbero di essere messe anche sul sito, che invece, come in tutti i grandi musei italiani, è asfittico e sostanzialmente inutile.
Meraviglioso il salone iniziale, con il 200 perugino, con i resti della Fontana di Arnolfo da una parte e alcuni pezzi di quella di Giovanni Pisano dall’altro lato. Ma è proprio quel tema della transizione il mood della Galleria. Che raggiunge il suo apice nelle due sale con i polittici di Beato Angelico e di Piero Della Francesca. Dell’Angelico commuove quel trasformarsi del fondo oro, in sedile, ovviamente d’oro, per i santi. L’astrazione codificata che non tiene più alla spinta di ciò che il pittore davvero vede. Nello schedone si racconta anche quel che contiene il libro ostentato da San Domenico con dedica alla committente bibliofila.
Ovviamente ben più genialmente choccante è il polittico di Piero, che nella parte centrale mantiene, pur se con continue fratture linguistiche lo schema del polittico, mentre in alto irrompe con qualcosa di inaudito, come l’Annunciazione improvvisamente a cielo aperto, con una prospettiva profonda e di un’esattezza che toglie il respiro (l'”arma assoluta” di Piero l’aveva definita Kenneth Clark), e che si chiude con quell’arco sigillato da una chiusura marmorizzata a simbolizzare l’avvenuta incarnazione.
Ma sono le forzature del polittico i particolari che più stregano: le aureole come dischi volanti, oggetti già da fantascienza, schegge arrivate da un’ipermodernità, in cui si specchiano le capigliature dei santi, compresa la tonsura di Sant’Antonio e San Francesco. Lo specchiamento invece risparmia il Bambino, la cui aureola è segnata dai raggi rossi di una croce. Ardito, e quasi provocatorio, l’inserimento dell’absidiola della Vergine nello spazio trapuntato del fondo oro; vagamente irrisorio lo sfondamento del basamento del trono, per pochi centimetri, nei su pannelli laterali. E si potrebbe continuare. Piero ti soggioga con la sua capacità di controllo e di transizioni continue che dovrebbero produrre contraddizioni e invece in lui approdano sempre ad unitarietà. Dolcezza e arditezza; passato e futuro, tutti sotto lo stesso cielo.
Visti a Perugia: Basilica di San Pietro; San Bernardino; Duomo; Collegio del Cambio con piccola mostra su Sassoferrato; affresco giovanile di Raffaello.