Sono andato a vedere il film di Werner Herzog girato nelle grotte di Chauvet. Non un grande film, perché è come se gli mancasse una cifra all’altezza delle cose stupefacenti che mostra (con qualità di immagini non all’altezza). A Chauvet, nell’Ardéche, sul corso del Rodano, ci sono le pitture rupestri pù antiche che si conoscono: databili a 32mila anni fa, molpiù antiche di Lascaux e Altamira. Sono state scoperte nel 1994 da tre speleologi Eliette Brunel-Deschamps, Christian Hillaire e Jean-Marie Chauvet e sono in stato di conservazione tale da sembrare dei murales fatti ieri. Soggetti unici sono animali, quasi sempre in movimento; Herzog dice ad esempio che il bisonte con otto gambe è “protocinema” o “il fotogramma di un’animazione”, mentre le pareti ondulate con cui gli artisti giocavano contribuiscono a sprigionare una vitalità intatta: leoni di montagna, stambecchi, bisonti, frotte di cavalli che corrono. È tutta pittura che “scorre”.
È impressionante davanti a queste immagini (qui ne potete vedere alcune di qualità) pensare quanto sia antico nell’uomo l’istinto a disegnare. Verrebbe da dire che l’uomo iniziò a disegnare prima ancora di parlare. Anche perché il disegno ha un fattore potente: parla anche a chi verrà. È un messaggio lanciato al futuro. Queste pitture sono state fatte nella zona buia della grotta, lontane dall’apertura. E come ha scritto John Berger nel suo libro “Sul disegnare” dobbiamo immaginare che «l’artista conosceva questi animali totalmente e intimamente; le sue mani sapevano visualizzarli al buio».
Scrive sempre Berger: «L’arte, a quanto pare, nasce come un puledro: sa camminare subito. Il talento per l’arte accompagna necessità di quell’arte: talento e necessità arrivano insieme».
sono lavori semplicemente straordinari, con una padronanza del segno e un rispetto delle proporzioni e dell’anatomia da veri maestri. coloro che hanno realizzato quei lavori possono essere tranquilamente paragonati ai nostri artisti contemporanei più acclamati, anzi, io quasi quasi li metterei su un gradino più alto.
mauro
17 Apr 12 at 8:24 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Complimenti per questo post, hai riacceso in me quanto studiato a Brera dopo alcuni seminari tenuti da Emmanuel Anati (direttore del Centro Camuno di Studi Preistorici, Capo di Ponte e autore del testo “Origini dell’arte e della concettualità” per Jaca Book).
Quando dici che “il disegno ha un fattore potente: parla anche a chi verrà” mi vengono le vertigini perché penso al divario che ci può essere dalle reali intenzioni di chi ha disegnato e la visione di chi fruisce nel tempo di questi immagini il tutto attraversato da una “familiarità” e “contemporaneità” che supera il tempo.
“Nel buio” c’è la luce dell’idea che ha bisogno di nutrirsi per potersi reggere da se “come un puledro” appena nato, con fatica e con il sangue nasce, cresce senza alcuna pretesa esterna, ma solo da una esplosione incontenibile di desiderio di vita e di eternità.
Giovanni Savio
18 Apr 12 at 7:52 am edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Anch’io come Mauro e Giovanni guardo e riguardo la corsa degli animali. Certo è una corsa. Ma sono tanti animali diversi o è lo stesso animale nella sequenza?
E mi accorgo che, se è lo stesso animale che corre, è disegnato prima quello che, nel tempo della corsa, è il momento seguente.
Questo può venire semplicemente dalla postura della mano che disegna. Non è sempre stato così e non sempre è così (vedi scrittura) ma per noi oggi è ‘naturale’ scrivere da sinistra a destra.
In questa immagine mi sembra di poter osservare che l’animale di destra è disegnato dopo in quanto sovrapposto a quello di sinistra ma vi è anche compreso. Forse non è così: forse il disegno comincia da destra e prosegue per avanzamenti. Ma questa possibilità mi ha evocato un’ansia. Un tendere.
Con immediatezza fulminea mi è venuto in mento ( oso questo accostamento improprio) un verso di Dante che mi ha sempre lasciato strabiliata.
Quello in cui nel Paradiso c’è una freccia (un quadrel) descritta nel suo moto: dalla fine all’inizio.
Un quadrel che arriva a segno, vola, e scocca (da la noce si dischiava). La vediamo in un filmato che va a ritroso. Formidabile. Formidabile la finale partenza (‘da la noce si dischiava’) (E’ la tensione verso la meta che ci ha dischiavato).
E questo a descrivere la nostra SETE DI DIO.
Ve lo ricordo e riporto perché è strabiliante e insieme ci riporta a qualcosa che in noi è essenziale.
Come la corsa dei leoni partita 23mila anni fa.
La concreata e perpetüa sete
del deïforme regno cen portava
veloci quasi come ‘l ciel vedete.
Beatrice in suso, e io in lei guardava;
e forse in tanto in quanto un quadrel posa
e vola e dalla noce si dischiava,
giunto mi vidi ove mirabil cosa
mi torse il viso a sè; ….
(PARADISO – CANTO SECONDO vv. 19 e segg.)
paola
18 Apr 12 at 2:55 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Grazie per i vostri bellissimi commenti. Il tema del “quadrel” dice tutto di quella tensione inattesa che c’è dentro ogni vera espressione artistica.
gfrangi
20 Apr 12 at 9:43 pm edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>